Non vogliamo fare retorica, ma se le atmosfere eteree e magiche provenienti dalla fredda Islanda sono arrivate a toccare il cuore di molti ragazzi (e adulti) che abitano in tutto il globo terracqueo, una buona parte del merito va a Jón Thor Birgisson, meglio conosciuto come Jónsi, il cantante e chitarrista dei Sigur Rós. Dopo l’esperienza di Riceboy Sleeps scritto assieme al suo ragazzo Alex Somers (vedi Pride n. 122), in attesa del nuovo lavoro dei Sigur Rós (previsto nei prossimi mesi dell’anno) Jónsi pubblica Go, un disco gioioso e più immediato rispetto agli standard cui la band islandese ci ha abituati, una vera esplosione di suoni che accomuna rock, ambient ed elettronica.
In questa nuova esperienza Jónsi è comunque accompagnato da Somers che ha coprodotto l’album insieme a Peter Katis (Interpol) e da un percussionista geniale quale Samuli Kosminen, il batterista dei Múm (altro famoso gruppo islandese). A questi si aggiunge lo “spirito libero” di Nico Muhly, protégé di Phil Glass e noto per aver collaborato con Björk, Antony & The Johnsons (vedi Pride n. 115) e i Grizzly Bear. Muhly ha creato un’intera orchestra attorno al lavoro di Jónsi, portando Go a un livello di pura inventiva e meraviglia senza quasi pari ai nostri giorni. La preoccupazione di incontrare un ragazzo solitamente schivo a parlare della propria musica si è subito sciolta, come la neve che poco prima aveva imbiancato le strade di Milano, svelando invece un artista interessato a scoprire anche qualcosa di più sulla nostra cultura.
Boy Lilikoy è il primo singolo estratto dal tuo lavoro. Abbiamo scoperto che il lilikoy è una variante del frutto della passione con un gusto più aspro. La canzone parla di un amore agrodolce che ti è capitato?
Forse, ve ne accorgete anche leggendone il testo. Quando io e Alex, il mio compagno, eravamo alle Hawaii lavorando all’album Riceboy Sleeps, siamo stati per un mese in mezzo alla natura, circondati da frutta e da una vegetazione meravigliosa. Un giorno ho avuto questa fantasia di un giovane ragazzo del luogo che vive nella foresta e all’improvviso sbuca fuori dagli alberi davanti a me… Tutto qui.
Go è nato insieme alla scrittura di Riceboy Sleeps. Tuttavia come mai hai deciso di separare i due album?
La canzoni di Riceboy Sleeps le abbiamo tutte scritte in due, mentre Go è un mio lavoro totalmente solista sia per la musica che per i testi. Quando lavoro con i Sigur Rós facciamo tutto insieme, decidiamo tutto tra noi in modo molto democratico, come se fossimo una grande comune hippy. Nel corso degli anni ho collezionato molte canzoni scritte da solo a casa mia con la chitarra, e per molti anni ho avuto in mente di pubblicarle, ma non l’ho mai fatto. Adesso che gli altri tre ragazzi della band hanno avuto dei bambini, si è verificato il momento perfetto per realizzare questo album.
Ci sembra che in Riceboy Sleeps i suoni si avvicinano al lavoro dei primi Sigur Rós mentre Go è più simile all’ultimo disco del gruppo…
Credo che sia vero. Per Go ho voluto lavorare con Nico Muhly, che oltretutto è gay e ha un carattere davvero energetico. È veramente divertente stare con lui, è molto spontaneo. Ha composto tutti gli arrangiamenti per archi e fiati staccandosi, come volevo io, dai suoni un po’ sognanti e fluttuanti dei Sigur Rós, per averne di più colorati e ricchi, più giocosi. È stato davvero bello lavorare con lui.
Go in effetti è più rock e vi esprimi molta gioia di vivere, è molto forte. Sbagliamo?
Non sbagliate. Nelle canzoni più energetiche, veloci e piene di ritmo i testi incitano ad approfittare del momento, a realizzare i propri sogni, a fare quello che si vuole, a impegnarsi per ottenerlo e sentirsi liberi. Nelle canzoni più lente invece si parla della paura di fare qualcosa, sentimento che appartiene a chiunque, e della necessità di superarla. In me c’erano un po’ questi sentimenti quando lavoravo all’album. In effetti la preparazione di Go mi spaventava, perché avevo lavorato per 16 anni con i Sigur Rós. Ritagliarsi un piccolo spazio dove nascondersi è stato bello, ma prendere tutte le decisioni da solo non era facile, fingere che ce la potevo fare faceva un po’ paura, ma era anche veramente liberatorio e divertente, perché potevo fare tutto quello che volevo. Alex mi ha aiutato a produrre l’album, ha fatto piccole cose, come sampler, arrangiare le canzoni, pensare alle strutture…
Chi ti ha dato l’idea di collaborare con Nico Muhly?
Conoscevo i suoi arrangiamenti da alcuni progetti a cui aveva lavorato, come quelli con Philip Glass che mi piacevano molto e volevo questo suo lato nel mio disco, volevo i suoi suoni in parte nelle mie canzoni, che di base ho scritto con chitarra acustica, pianoforte e harmonium e che sono molto dirette, hanno una struttura pop. Volevo che gli arrangiamenti fossero pieni di colore e scherzosi. Sapevo che i suoi arrangiamenti erano, come dire, complicati o in certo modo folli, e volevo questi suoi aspetti insieme nella mia musica. Anche Samuli Kosminen è molto bravo e ha portato molta energia e ritmo nelle canzoni.
Nel tuo sito web, che è molto curato esteticamente, ci sono delle fotografie all’avanguardia elaborate dalle tue sorelle Llilja e Inga. Qual è il tuo rapporto con l’arte visuale?
È importante per me mantenere le cose interessanti e divertenti. Io e Alex collezioniamo vecchie foto e vecchi libri e disegniamo molto, lavoriamo molto su questo tipo di formato artistico. Io disegno e dipingo molto sin da bambino.
Essendo gay e cresciuto in campagna, per me è stato sempre molto importante creare a tutti i costi.
Ho fatto coming out quando avevo circa 21 anni, abbastanza tardi, e fino a quel momento non conoscevo nessuno che fosse gay o lesbica, proprio nessuno, ed ero bloccato in me stesso. Quando ero un ragazzo avevo il bisogno di incontrare altri ragazzi, desideravo fortemente di essere baciato e abbracciato. Non potendolo fare dovevo essere creativo per liberarmi, per sentirmi bene ed essere felice riguardo alla vita. Dovevo dipingere molto, disegnare, creare musica, mettere la mia energia in qualche cosa per restare vivo, ed esprimermi in qualsiasi modo possibile.
Sulla rivista americana Out abbiamo visto pubblicata una foto di te e Alex, definiti come “coppia più carina” nella lista delle 100 persone glbt e alleati etero più di rilievo del 2009. Secondo noi siete molto teneri e “cool”. Cosa avete pensato quando ve lo hanno proposto?
È stato molto divertente, anche se non conoscevo bene quella rivista prima perché di solito non leggo riviste gay e in Islanda arrivano solo Attitude e Gay Times dalla Gran Bretagna.
Il vostro attuale primo ministro, Jóhanna Sigurðardóttir, è la prima capo del governo dichiaratamente lesbica in Europa e forse nel mondo. È difficile essere apertamente omosessuali in Islanda?
È molto facile in realtà. Siamo un popolo molto liberale e a nessuno interessa o si pone dei problemi. Io ho fatto coming out anni fa e molto lentamente, non ho lanciato la notizia come una bomba in famiglia e non ho mai avuto il benché minimo problema.
In effetti a Reykjavík avete, in proporzione (con un quinto della nazione), uno dei gay pride più partecipati del pianeta…
Sì, è una cosa pazzesca. L’Islanda è come una grande famiglia e la gente in generale ama le sfilate; i gay pride di solito sono molto festosi, così tutti arrivano con le famiglie e vanno nel centro città a prendervi parte, molto eccitati. Penso che sia davvero fantastico.
A questo punto, grazie a una persona così importante, pensi che l’Islanda sarebbe in grado o dovrebbe impegnarsi maggiormente nella lotta internazionale per i diritti delle persone omosessuali, anche se politicamente siete un paese così piccolo?
Vivere in una nazione piccola ha i suoi vantaggi: ci si conosce più o meno tutti ed è molto più facile probabilmente ottenere che le cose siano realizzate. In effetti però potremmo fare di più.
Nel 2001 il video per la canzone dei Sigur Rós Viðrar vel til Loftárása, dal secondo disco Ágætis Byrjun, con i due adolescenti che si baciano alla fine della partita di calcio in un’Islanda degli anni ’50 ha scioccato molte persone in Italia. Cosa significa il titolo e che reazioni ci furono da voi invece?
La canzone riprende una frase detta con sarcasmo da un meteorologo islandese durante la guerra in Kosovo: (oggi è) un buon giorno per un raid aereo. Incontrammo i due registi per caso in un ristorante e ci dissero che ci tenevano a fare un video con noi. Parlando scoprimmo che per pura coincidenza io avevo avuto la loro stessa idea, anche se loro pensavano a ragazzi più adulti. Una cosa pazzesca, penso che più che una coincidenza doveva proprio andare così.
Le reazioni furono buone, direi. Mi ricordo che un mio amico mi disse che stava guardando la televisione e suo figlio piccolo, mentre lo trasmettevano, gli chiese come mai i protagonisti si scambiassero un bacio. La sua reazione fu: “e come glielo spiego adesso?”. Altri mi hanno scritto per e-mail che grazie a questo video hanno fatto il loro coming out, quindi penso che siano successe molte cose belle grazie a questo videoclip. Ne sono molto orgoglioso.
Pensi che la musica in generale potrebbe avere un ruolo nel combattere l’omofobia?
Sì, lo penso. La musica ha come scopo quello di commuoverti e “smuoverti”, quindi per me la musica è politica nella sua struttura. È uno strumento che spinge le persone ad agire e sperabilmente ad agire su cose positive, a fare cose migliori.