Senza Stonewall la rivolta popolare scoppiata al Greenwich Village il 28 giugno 1969 molte nostre conquiste non sarebbero state possibili. Quindi va bene l’uscita di un altro film su di essa, venti anni dopo quello omonimo diretto da Nigel Finch nel 1995. Stonewall, firmato dal celebrato regista hollywoodiano Roland Emmerich (il regista di Independence Day e di Anonymous), ha inaugurato il ToGay di quest’anno.
Il protagonista è il giovane Danny (Jeremy Irvine, già visto in War Horse) che, allontanato dalla famiglia che lo ha scoperto mentre faceva sesso col suo ragazzo, lascia l’Indiana senza un soldo per andare a immergersi nella caleidoscopica e stordente New York. Arrivato al Greenwich Village Danny si inserisce in un solidale gruppo di senzatetto, gay e drag queen, tra cui spicca Ray/Ramona (Jonny Beauchamp). Tutti gravitano attorno allo Stonewall Inn, un bar gay di proprietà dell’ambiguo Ed Murphy (Ron Perlman), che è in parte colluso con alcuni poliziotti corrotti e talora sfrutta i ragazzi senza casa. Diventato amante di Trevor (Jonathan Rhys Meyers), che fa parte di un gruppo contro la violenza, Danny va a vivere con lui. Nello stesso tempo, piano piano acquista sempre maggiore forza interiore: deciso a difendere i diritti gay, diventa così un protagonista di primo piano nella lotta di liberazione gay nonché della rivolta spontanea, nata come reazione contro i soprusi della polizia, efficacissima fino ad allora a reprimere ogni esigenza della comunità gay.
Il film prima ha trovato molte difficoltà a trovare i finanziamenti per la produzione e poi, quando è uscito negli Usa è stato accolto da critiche controverse e da incassi non all’altezza. A queste si sono affiancate le polemiche della comunità LGBT, che accusato lo sceneggiatore Jon Robin Baitz di aver trascurato i veri protagonisti della rivolta (ossia soprattutto portoricani, lesbiche butch, trans e drag queen di colore) e aver sfruttato alcuni stereotipi, dando peraltro eccessiva importanza ai personaggi bianchi. Rimane il fatto che, rispetto al film di Finch, questo è comunque meno romanzato (ma Danny è di fantasia), anche se tra i più importanti protagonisti della vera rivolta Marsha P. Johnson è qui un personaggio marginale, mentre Sylvia Rivera, che la scatenò, neanche appare. Tutto vero, forse, ma comunque il film sa creare nel modo giusto l’atmosfera incendiaria che preluse alla rivolta, la consapevolezza della nascita di una comunità e di un orgoglio che porterà lontano. E in più riesce a emozionare, cosa non da poco.
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