Non sorprenderà i lettori di Pride il fatto che l’Italia nel 2015 sia ruzzolata al 73° posto, tra Moldavia e Nicaragua, nella classifica mondiale della libertà di stampa di Reporter Senza Frontiere. Peggio che nel 2014, quando piombò al già poco dignitoso 49o posto. Troppe violenze contro i cronisti e molte cause per diffamazione, spesso “ingiustificate”, intentate dai politici che maldigeriscono critiche. In questo quadro generale è possibile immaginare dove si collochino i temi LGBT. La brutta marea di informazione di questi ultimi mesi ne è la prova, con le castronerie sulla “teoria del gender” o la confusione sull’“utero in affitto” sbattute in prima pagina a creare disgusto e orientare dissenso sull’avanzamento dei nostri diritti. La comunicazione – bene tenerlo a mente in un mondo di smartphone-dipendenti – è una cosa seria, e scontiamo decenni di cattiva politica di governatori abili a rendere meno fruibile il pluralismo nel sistema radiotelevisivo. Una conseguenza è che le notizie che riguardano le persone LGBT in Italia sono trattate come opinioni anziché come realtà di fatto, come, per chiarire, se alla notizia di un viaggio di papa Francesco chiedessero l’opinione di un imam musulmano piuttosto che riportare la descrizione dell’evento. Questo genera grave danno alla comprensione della notizia e alla formazione dell’opinione pubblica su quel fatto. Il paradosso è che il blogger Mario Adinolfi vanti 142 ospitate in talk show televisivi nel 2015, mentre sui temi della famiglia omogenitoriale, per i quali il giornalista cattolico è stato principalmente chiamato a parlare, è stato raro vedere qualche rappresentante del movimento LGBT come ci aspetteremmo in un paese civile.
La ricerca Diversity Media Report, voluta dall’associazione Diversity, è finalmente riuscita a valutare con precisione la presenza nella comunicazione italiana dei temi LGBT, contando numericamente da una parte le notizie che riguardano le nostre vite all’interno dei contenuti mediali nei telegiornali nell’ultimo decennio, e valutando qualitativamente dall’altra la nostra presenza in trasmissioni radio e TV, serie italiane e straniere, film e pubblicità. “Tutto il mondo della comunicazione ha una grandissima responsabilità perché entra direttamente nelle case degli italiani e influisce sull’immaginario collettivo”, ha commentato Francesca Vecchioni, Presidente di Diversity, “È fondamentale rappresentare correttamente le persone LGBT, perché il modo in cui il tema viene trattato influenza sia la costruzione dell’identità delle persone stesse, che la loro percezione nell’opinione pubblica e coinvolge in maniera determinante la misura del rispetto degli individui. Parlare di queste tematiche non riguarda solo le persone LGBT e i loro familiari ma è un lavoro sulla discriminazione in generale, un modo concreto di interrogarsi sulla dimensione della dignità umana: serve quindi al benessere e allo sviluppo della società intera”.
Diversity ha creato i Diversity Media Awards con il fine di valorizzare il lavoro dei ricercatori e amplificare la comunicazione sui risultati della loro indagine. Presentati a palazzo Marino a Milano lo scorso gennaio, i premi, che saranno assegnati il prossimo maggio in una serata di gala all’Unicredit Pavillion, andranno ai migliori contenuti mediali italiani che nell’ultimo anno hanno contribuito a una corretta rappresentazione delle persone e tematiche LGBT che potranno essere votati a partire dal 1o aprile 2016 attraverso il sito www.diversitylab.it
Le nomination (nel riquadro tutte le categorie e le candidature per TV, radio, cinema, pubblicità e web), derivano direttamente dal Diversity Media Report, reso possibile grazie a Google (unico sponsor) e a Discovery Channel (media partner), una ricerca condotta dai ricercatori dell’Osservatorio di Pavia, 2BResearch e dalle maggiori Università italiane tra cui la Federico II di Napoli con l’Osservatorio LGBT, primo ente di ricerca istituzionale in Italia a occuparsi di orientamento sessuale e identità di genere. Una commissione ha lavorato insieme alle tre responsabili della ricerca (Elisabetta Ruspini per la metodologia, Maria Luisa Bionda per l’entertainment e Monia Azzalini per l’informazione) che hanno preparato schede condivise con i docenti elaborate poi da decine di analisti e ricercatori che si sono suddivisi i contenuti mediali. “I premi non sono frutto delle idee magari discutibili di una giuria ma sono basati su criteri scientifici, linee guida internazionalmente riconosciute”, afferma Vecchioni, “come nel caso dei GLAAD Awards statunitensi (www.glaad.org/mediaawards), noi in più abbiamo riunito una commissione di 15 professori da 11 atenei italiani scelti tra i più esperti di tematiche lgbt, dalla sociologia al diritto”. Un lavoro durato parecchi mesi ma indispensabile: è incredibile “quanto agisca sull’immaginario individuale e collettivo una rappresentazione corretta”, osserva l’ideatrice, “E questo fa parte dell’enorme responsabilità di chi lavora nel mondo dell’informazione”.
Cosa è emerso nello specifico? “In Italia i TG rimangono la fonte d’informazione principale. E hanno il potere di dare rilevanza o meno a certi temi; eventi o persone”, ha commentato Monia Azzalini, Responsabile ricerca DMR Informazione – Osservatorio di Pavia, “L’analisi di 10 anni di TG Rai e Mediaset dimostra che le questioni LGBT hanno avuto una copertura altalenante, al traino della politica. Gli anni più recenti evidenziano un trend in crescita. In particolare il 2015, con un picco di notizie sui diritti civili. Occorrerà continuare il monitoraggio per verificare se si tratti di un dato contingente, correlato al dibattito in corso su unioni civili e adozioni, oppure il segnale di una maggiore sensibilità mediatica verso una comunità rimasta per lungo tempo pressoché invisibile”.
Se consideriamo i dati dell’ultimo anno, nel primo semestre 2015 sono state trasmesse 142 notizie a tema LGBT, con picchi a marzo (con la polemica tra Elton John e gli stilisti Dolce&Gabbana), maggio (per la giornata internazionale contro omofobia e transfobia); giugno (Onda pride a Roma, Milano e molte altre città). Riguardo ai temi affrontati, unioni civili e matrimonio coprono quasi un terzo dell’agenda LGBT (28,9%), seguite da discriminazione (24%) ed eventi di cronaca nera (13,9%). La maggior parte delle notizie ha una fonte politica (25,4%), e riferisce quindi dibattiti, posizioni, decisioni politiche su temi LGBT in Italia e all’estero. Seguono fonti giuridiche (es. sentenze) con il 19,2%. Anche la società civile (eventi come il pride) con il 16,3% ha un peso rilevante, così come la cronaca nera (17,5%).
Ma è solo recente l’attenzione dei media nei confronti delle questioni LGBT. Negli ultimi dieci anni sono state riportate solo 1.611 notizie a tema LGBT. Su un campione di 21912 telegiornali trasmessi in prima serata dalle maggiori testate (Tg1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg5, Studio Aperto) e 426.098 notizie analizzate in 10 anni, i temi LGBT restano marginali nell’agenda dei TG italiani occupando l’infinitesimale 0,3% del totale. L’analisi rivela una tendenza in lieve crescita, confermato nel primo semestre 2015 (0,7% del totale). I temi LGBT sono sempre più presenti sui media italiani e a dieci anni dal 2005 la popolazione LGBT sembra fare un po’ più notizia e meno paura ma c’è ancora molta strada da fare per realizzare pieno pluralismo nell’informazione.
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