UN bacio è il secondo lungometraggio, dopo lo scoppiettante La kryptonite nella borsa, di Ivan Cotroneo, sceneggiatore di successo (dai film di Ozpetek e Maria Sole Tognazzi ai televisivi Tutti pazzi per amore o Una mamma imperfetta). È tratto dal suo omonimo romanzo del 2011, ispirato dall’omicidio in California tre anni prima di Larry King, un liceale innamorato di un compagno. Il film, girato in un istituto di Udine (la maggior parte delle comparse sono studenti), è la storia di tre studenti sedicenni: Lorenzo (Rimau Grillo Ritzberger), il quale non fa niente per nascondere che è gay, Antonio (Leonardo Pazzagli) – chiuso in sé, anche per la morte di suo fratello – e la ribelle Blu (Valentina Romani). Vittime di pregiudizi e perciò emarginati nella scuola (uno è considerato gay, l’altro idiota, l’altra una ragazza facile), i tre scoprono che uniti possono essere più forti, ma non basta a impedire il tragico finale, complici un bacio e la paura di ciò che gli altri possono pensare di te. Abbiamo incontrato Cotroneo.
Come il romanzo, anche il film è sul bullismo…
Da quando è uscito il libro, per quanto riguarda il bullismo, non solo omofobico, la situazione non è purtroppo cambiata, anzi. Lavorando nelle scuole con Monica Rametti, con la quale ho scritto il film, abbiamo visto che “frocio” è, assieme a “troia”, l’offesa più diffusa. Offese che possono distruggerti la vita, perché l’insulto e l’emarginazione portano alla depressione e al suicidio.
Il bullismo corre anche sul web.
Sì, ed è pericolosissimo. Una pagina dei social contro di te può essere tremenda. Ma il web serve anche ad altro: nel film Lorenzo, il protagonista, mostra a un’amica una pagina con foto e necrologi di ragazzi che si sono suicidati perché omosessuali. Lorenzo dice “non permetterò di farmi questo”. Lui vorrebbe vivere, ma poi le cose vanno diversamente…
Quali differenze esistono col romanzo?
Il libro era strutturato su tre punti di vista, di due ragazzi e una professoressa. Stavolta, invece, quest’ultima è sostituita da Blu e quindi ci sono tre adolescenti, che vedono il mondo in maniera ben diversa da quella degli adulti.
Immagino sia stato complicato identificarsi col punto di vista di ragazzi.
Da parte mia c’è un’adesione sentimentale: è un tema che sento molto e a cui ho lavorato per il libro Le cose cambiano, legato al progetto americano di It Gets Better, che è stato un stimolo per i ragazzi a reagire, ricordando che, crescendo, il mondo cambia, non si limita per fortuna agli insulti che ti dicono in classe. E comunque questi non hanno il peso che sembrano avere. Basta non avere paura perché le cose non finiscano male. Il film rientra in quest’ottica.
In un’occasione, per il film hai parlato di “realismo emotivo”. Cosa intendi?
È una chiave che mi appartiene. Se anche parto da un dato di cronaca, non mi appiattisco sui fatti, ma cerco di raccontarlo emotivamente. Per esempio, Lorenzo è consapevole della sua identità, ma si scontra con un mondo che non è pronto per lui e che cerca di spaventarlo; per questo, reagisce rifugiandosi in una realtà parallela, di fantasia, dove gli altri finalmente lo rispettano. Mentre Blu scrive un diario per sottolineare quanto la sua vita da adolescente faccia schifo.
Dove è ambientato?
Mi serviva una città non molto grande, ma con una periferia variegata, dagli ambiti sociali abbastanza differenti. In più, mi serviva un fiume: è proprio vicino al fiume che si svolgono due scene importanti, tra cui un incidente che scatena la seconda parte del racconto.
Che importanza ha la musica?
Ce n’è tanta. Ma è un commento musicale che non guarda da fuori ma entra dentro, con le canzoni che interagiscono con ciò che accade. È una colonna sonora ricca e diversa, perché deve raccontare i vari stati d’animo dei protagonisti. Perché, mai come a quell’età, ti sembra che quei testi parlino proprio di te, dei momenti di sofferenza come di quelli felici. Ci sono i Placebo, Blondie, Lady Gaga e altri, ma soprattutto Mika, con la sua bellissima Hurts che parla appunto delle tremende ferite che procurano le parole. Con lui è nata un’ottima collaborazione, sta per uscire un video suo con i tre ragazzi del film.
Quali sono gli aspetti positivi che trovi negli adolescenti?
Negli ultimi tempi ho conosciuto tanti ragazzi, sia per le presentazioni del libro nelle scuole sia per il casting, dove ne abbiamo esaminati oltre 3000. In tanti ho trovato belle idee, impegno, forza di volontà, voglia di cambiare il mondo. E durante la lavorazione ho visto ragazzi con un grande entusiasmo di trasmettere le loro sensazioni. Ho cercato proprio di trasmettere la loro energia.
Gli adulti nel film come sono?
C’è di tutto. Tra gli insegnanti ci sono quelli che ti comprendono e sostengono e altri che ti cacciamo fuori per i tuoi comportamenti. I genitori a loro modo cercano di stare vicino ai figli, ma non sempre ci riescono. Ovviamente ci sono scontri, anche perché i ragazzi spesso non si confidano con loro; ma sono rapporti importanti, a quell’età si ha bisogno di contestare e di litigare.
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