“Solo sesso porco”, “divertimento senza inibizioni”, “porcello per porcelli”, tutti segnali in codice che indicano la disponibilità dell’utente di applicazioni e siti per incontri tra uomini a fare sesso senza protezioni, sia da attivi che da passivi. Poi ci sono anche i più espliciti “mai”, “forse”, “da concordare” alla voce “sesso protetto” all’interno dei profili. Come mai questo accade, specialmente in un contesto in cui i contagi da HIV tra uomini sono in aumento? Cosa c’è dietro?
Le spiegazioni possono essere molteplici: da una parte HIV e AIDS oggi fanno molta meno paura grazie all’efficacia raggiunta dalle terapie, dall’altra c’è poca attenzione al tema tanto che risulta scarsa, in particolare tra i giovani, l’informazione sull’argomento. È possibile poi che una persona sieropositiva in terapia non trasmetta il virus in caso di rapporti non protetti (come evidenziato dallo studio danese PARTNER). Ma c’è anche un’altra possibilità: la diffusione della PrEP (Pre-Exposure Prophylaxis), ossia l’assunzione di uno specifico farmaco antiretrovirale, il Truvada, a scopo preventivo. Più studi scientifici ne hanno dimostrato l’efficacia, se si rispettano specifiche procedure, ma al momento il suo utilizzo è autorizzato solo in Stati Uniti, Francia, Kenya e Sud Africa. In Italia non è (ancora) permesso, quindi il Truvada eventualmente utilizzato a questo scopo avrebbe origine dal traffico illegale. Possibile?
Ci siamo rivolti a due esperti del settore: Massimo Cernuschi, infettivologo presso l’ospedale San Raffaele di Milano e presidente di ASA (Associazione solidarietà AIDS), e Massimo Oldrini, presidente di LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS). Entrambi hanno confermato l’effettiva esistenza di un mercato nero degli antiretrovirali, essenzialmente di Truvada da usare come PrEP. La sua dimensione è molto difficile da stimare, ma (al momento) sembra essere un fenomeno marginale, anche se l’interesse della comunità gay sicuramente è presente. In particolare secondo l’esperienza di Massimo Oldrini in Italia, come all’estero, si è diffusa la pratica di utilizzare il Truvada, anche insieme ad ecstasy e Viagra, in previsione di incontri di sesso occasionale, anche nei locali. L’utilizzo fattone sembra quindi per lo più intermittente, al bisogno, situazione in cui però l’efficacia è provata solo se ci si attiene ad un preciso protocollo nei giorni intorno al rapporto a rischio (secondo quanto mostrato dallo studio franco-canadese Ipergay).
Nel nostro Paese però la legge prevede che la prescrizione e il ritiro di farmaci antiretrovirali avvengano all’interno delle sole strutture autorizzate, a cura di personale autorizzato e solo a persone sieropositive, dietro presentazione di adeguata documentazione. È quindi molto difficile che medici o farmacisti eludano le regole prescrivendo o dispensando Truvada (a scopo PrEP) a persone non sieropositive, dato anche il rischio di multe salate (fino a 3.000 euro) e sanzioni penali (per falso in atto pubblico, danno erariale, truffa, ricettazione…). In aggiunta, tutte le farmacie, ospedaliere e non, hanno l’obbligo di registrare tutti i movimenti relativi ai farmaci antiretrovirali in un database informatico ed eventuali anomalie sono identificabili, e sanzionabili, molto facilmente dalla pubblica amministrazione.
Quindi, dove si può trovare il Truvada? L’acquisto online sembra essere il modo più facile per reperirlo, ci sono molti siti web che vendono il farmaco o la sua versione generica a prezzi vantaggiosi, con spedizione gratuita e simpatici omaggi oltre certe soglie di spesa, tipo qualche pillola di Viagra. Lì lo si può trovare a circa 600 dollari se originale (circa la metà del suo prezzo di mercato) o a poco più di 100 se generico, per 30 pillole. Da sottolineare il fatto che i farmaci generici, prodotti in India da diverse case farmaceutiche locali, vengono utilizzati o forniti attraverso i programmi di aiuto nei Paesi in via di sviluppo, perciò sono ugualmente efficaci (se originali).
Ma sembra tutto troppo semplice. È Domenico Di Giorgio, direttore dell’Ufficio Qualità dei prodotti e contraffazione di AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, che ci aiuta a dipanare la matassa. I farmaci in vendita on line infatti sono in parte originali, scaduti, rubati o manipolati, e in parte sono farmaci contraffatti, che possono contenere il principio attivo dichiarato, un altro simile oppure solo zucchero. Poi le “farmacie” online non sono l’unico canale per questi prodotti, ci sono venditori situati nel deep web, oppure vengono offerti in modo diretto, tramite social network o in strada. Chi c’è dietro? Molto spesso organizzazioni criminali internazionali, che hanno i mezzi e le capacità per inserirsi tra domanda e offerta, nonché canali già esistenti per muovere grandi quantità di merci passando sotto il radar delle autorità e in alcuni casi anche il know-how per produrre esse stesse i farmaci contraffatti. Queste organizzazioni hanno come obbiettivo, ovviamente, la massimizzazione del profitto, a scapito della salute del consumatore, ma sono anche interessate a non vendere prodotti eccessivamente scadenti, per poter restare sul mercato. In quest’ottica quindi una delle strategie più efficaci risulta quella del furto di farmaci originali e la loro rivendita altrove. In quest’ottica gli antiretrovirali sono molto vantaggiosi, per l’alto rapporto tra valore e volume, essendo tra i farmaci più costosi in circolazione. E analizzando proprio le dinamiche dei furti ci si accorge che c’è di più.
L’Italia infatti non è solo il mercato di destinazione, ma è anche il punto di origine di un altro traffico, quello di diversi farmaci antiretrovirali verso l’estero. La destinazione è rappresentata, come notato anche da Oldrini, da Stati, principalmente dell’Europa orientale, in cui non è previsto l’accesso gratuito a questa classe di farmaci o in cui non vi sono risorse sufficienti per acquistarne scorte adeguate. Questi due traffici avvengono contemporaneamente e coinvolgono i medesimi attori, come è possibile evincere dalla lista dei “Farmaci coinvolti in traffici illegali” presente sul sito AIFA, risultante dalle azioni di polizia svolte nel settore: qui sono presenti molti farmaci antiretrovirali, tra cui il Truvada fa la parte del leone. Azioni di polizia talmente efficaci che a partire dal 2014 hanno pressoché azzerato i furti di medicinali negli ospedali, frutto di stretta collaborazione tra AIFA, i NAS (Nuclei Antisofisticazioni e Sanità) dei Carabinieri, distributori e case farmaceutiche (che a questo scopo hanno istituito il Pharmaceutical Security Institute), quando prima avvenivano a cadenza settimanale, sempre nelle parole di Di Giorgio. Gli stessi NAS si occupano dei controlli alle dogane e la dimensione del traffico di medicinali ha dimensioni davvero impressionanti. Durante un’operazione coordinata dall’Interpol (Pangea, che si svolge annualmente durante una settimana contemporaneamente nel mondo) nel 2015 in Italia le unità sequestrate sono state 93.000 per un valore di oltre mezzo milione di euro, mentre la somma dei 115 Paesi partecipanti è stata di 20,7 milioni di unità per circa 81 milioni di dollari. Certamente la dimensione è preoccupante, ma dato che è in gioco la salute, e talvolta la vita, delle persone qualsiasi infiltrazione è molto importante e significativa. E proprio sulle persone bisogna agire, per far diminuire la domanda (oltre che l’offerta) all’interno di questo mercato, attraverso informazione e sensibilizzazione sui rischi che si corrono ad utilizzare farmaci di provenienza incerta. Per questo è stato istituito da AIFA, in collaborazione con l’Unione Europea, il progetto Fakeshare (fakeshare.eu), una piattaforma per verificare e condividere informazioni riguardo alla legalità di prodotti e farmacie online.
E quali sono i rischi di fare una PrEP fai-da-te? Cernuschi sottolinea i punti chiave: controlli costanti, qualità e continuità della terapia. Prima di tutto il soggetto deve essere sicuro di essere sieronegativo al momento di cominciare la PrEP, altrimenti il virus potrebbe sviluppare una resistenza al farmaco. Poi, sul mercato nero la fonte del medicinale è incerta, non si è sicuri che effettivamente contenga il principio attivo o che sia stato ben conservato, e gli antiretrovirali se sottoposti prolungatamente a temperature superiori ai 40 gradi si inattivano. Attraverso canali illeciti l’approvvigionamento, inoltre, può anche essere irregolare. Le conseguenze sono l’inefficacia della prevenzione dal contagio da HIV, che può risultare in un possibile contagio (ignaro) e quindi nell’inizio tardivo della terapia antiretrovirale. Altro aspetto importante è la tossicità del farmaco, che nel medio-lungo termine può portare a decalcificazione delle ossa e ad insufficienza renale, parametri che quindi devono essere regolarmente monitorati. L’insufficienza renale, in aggiunta, può essere aggravata da alcuni farmaci di uso comune (come antidolorifici e antinfiammatori) e da certe droghe (in particolare cocaina e Crystal Meth). Vanno poi tenute sotto controllo le altre malattie sessualmente trasmissibili, ed in particolare l’epatite C, da cui la PrEP non può in alcun modo proteggere, a differenza del preservativo.
Proprio per questo sia Cernuschi che Oldrini concordano che l’autorizzazione all’utilizzo della PrEP in Italia, e in Europa, insomma la sua legalizzazione, sia la soluzione migliore. Secondo entrambi il ricorso alla PrEP dovrebbe essere accettato lasciando da parte considerazioni ideologiche, utilizzando un atteggiamento laico e pragmatico, partendo dal dato di fatto che alcune persone (per i più svariati motivi) non usano il preservativo e che esiste una modalità di prevenzione adatta alle esigenze di queste persone. Certamente ci saranno alcune questioni da risolvere, di carattere economico e organizzativo, ma non sono insormontabili, come dimostrano i Paesi in cui già è consentita.
A che punto siamo ora? Perché sia possibile utilizzare la PrEP in Italia occorre che l’autorizzazione all’uso del Truvada da parte di AIFA sia estesa anche allo scopo preventivo, ma per poterlo fare è necessaria una analoga estensione da parte dell’autorità regolatrice europea, l’EMA (European Medicine Agency), che a sua volta deve essere richiesta dalla casa farmaceutica produttrice (Gilead). La richiesta è stata fatta alcuni mesi fa da Gilead, che a inizio febbraio 2016 ha dato la notizia che la domanda sarebbe stata convalidata dall’EMA, quindi è verosimile che nel vicino futuro la procedura si concluda positivamente. Resterà poi da vedere in quanto tempo AIFA adotterà le proprie misure a riguardo.
Non è finita qui però. Il futuro del Truvada appare infatti incerto, anche se questo non è necessariamente un male per il futuro della PrEP. Da una parte tra il 2018 e il 2021 scadranno i brevetti di Gilead per la sua produzione, prima in Europa e poi negli Stati Uniti, quindi altre case farmaceutiche potranno commercializzarlo in queste aree, probabilmente a costi più bassi. Dall’altra parte, invece, il Truvada di per sé sta per diventare obsoleto, dato che Gilead ha “aggiornato” uno dei due suoi componenti (il tenofovir), avendone sviluppato una versione con uguale efficacia ma a dosi più basse, riducendone quindi la tossicità. Il nuovo principio attivo è stato approvato negli Stati Uniti e dall’EMA a novembre 2015, mentre la versione “aggiornata” del Truvada è ancora in fase di approvazione, ma non appena approvata verosimilmente andrà gradualmente a sostituirlo nelle terapie. Non è ancora stata studiata, però, la sua efficacia a livello preventivo, quindi è possibile che il Truvada resti in commercio più a lungo a scopo PrEP.
Attualmente, quindi, il mercato nero rimane l’unica fonte possibile per la PrEP in Italia, il che solleva molte questioni problematiche. Prima di tutto riguardanti la salute, come abbiamo appena visto. Poi vi è un notevole problema etico, poiché comporterebbe contribuire a finanziare un’organizzazione criminale. Infine, ma non meno importante, acquistare online farmaci con obbligo di prescrizione nel nostro Paese è illegale. Se tali farmaci vengono scoperti in dogana (ed è molto probabile che avvenga, dato il rigore dei controlli) vengono sequestrati e un procedimento penale è aperto d’ufficio a carico del destinatario. Secondo la giurisprudenza più recente il fatto non costituirebbe reato se l’acquisto è effettuato da un privato per uso esclusivamente personale, quindi nel nostro caso non vi sarebbero ulteriori conseguenze oltre al sequestro, ma in ogni caso nel processo bisognerà difendersi.
Al momento, in attesa della PreP, meglio usare il preservativo.
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