Dall’autunno del 1989 va in onda Chi l’ha visto?, pioniere della cosiddetta TV verità e una delle trasmissioni più longeve della nostra storia televisiva. Programma di punta di RAI3, in prima serata ogni mercoledì, con indici d’ascolto altissimi e roccaforte dell’audience d’età avanzata e pubblico femminile. La vera novità e grande sorpresa, confermatami direttamente da collaboratori interni al programma, è che da qualche anno s’è formato un vastissimo seguito tra il pubblico gay. Costituito da affezionatissimi d’ogni età, tanto da consacrarla vera trasmissione di “culto gayo” senza precedenti nel suo genere giornalistico.
C’è da ricordare però che tutte le conduttrici del programma che si sono avvicendate negli anni, già dai tempi di Donatella Raffai e della sessuologa Alessandra Graziotin, sono sempre assurte allo status di icona gay della cultura camp nazionale. Sempre conduttrici bionde e con un certo “non so che” subliminale sexy, curate e ben vestite ma con intelligente moderazione. Amate e stimate come poche altre personalità televisive, sono sempre riuscite a traghettare gli spettatori ben al di là del fascino per il morboso o del pettegolezzo pruriginoso degli argomenti trattati in trasmissione. Implorando, in maniera accorata, l’aiuto degli spettatori per aggiungere anche un minimo tassello di verità che possa far risolvere un crimine o ritrovare persone scomparse. Con grande professionalità e tatto, distinguendosi dalla latrina giornalistica frequentata da ben altri programmi concorrenti della RAI come Porta a porta o La vita in diretta.
In Chi l’ha visto? oltre al brivido dell’inchiesta, che pesca anche nelle circostanze più scioccanti, violente e criminose, s’intuisce che dietro la simpatica imparzialità della conduttrice esiste un suo coinvolgimento emozionale molto sincero e profondo. Perché tutte le conduttrici nella storia di questo programma sono sempre riuscite ad abbinare alla loro serietà professionale, un po’ ingessata da professoressa paziente e comprensiva, il loro lato più emotivo che all’improvviso, a sorpresa e nel rischio della diretta, le fa ergere a protettrici implacabili nella difesa dei più deboli. Passando in un nonnulla da tranquille interlocutrici a fustigatrici di sospetti omicidi, testimoni spergiuri o avvocati disposti ad arrampicarsi ignobilmente su ogni specchio pur di guadagnarsi la pagnotta.
Ma il meglio le conduttrici l’hanno sempre dato col rapporto dei parenti delle vittime o degli scomparsi, con partecipazione emotiva totale. Da sante degli impossibili a fate turchine il passo è breve.
Ed è così, ormai dal 2004, che ogni mercoledì sera veniamo richiamati all’appello dall’odierna e tanto amata conduttrice Federica Sciarelli. Perché a noi le donne intelligenti piacciono e le riconosciamo al volo. Da veri fan, ben individuiamo e ne captiamo al volo, alla minima inflessione o battuta, le sue finalità, punzecchiamenti, simpatie o al contrario antipatie per ogni persona coinvolta nei casi affrontati in ogni puntata. La Sciarelli ha anche fatto da madrina all’ultima parata del Roma pride. Paladina delle battaglie civili, oltre che della giustizia in tivù, ha arringato al microfono la folla alla partenza del corteo rivendicando, a piena voce, il diritto ai matrimoni gay anche in Italia.
Noi lo avevamo già intuito da un bel pezzo, grazie ad alcune sue argomentazioni in trasmissione, che stava dalla nostra parte incondizionatamente e a spada tratta. In questo ultimo ventennio di berlusconiane stupidità televisive e cinematografiche, solo in Chi l’ha visto? si poteva vedere rappresentata la realtà quotidiana, senza filtri, come in un vero specchio della vita.
Una realtà “vera” ben al di là dell’apparenza “ufficiale”, smascherando e bacchettando ignoranza, arroganza, inefficienza e responsabilità criminali anche a carico di poliziotti, giudici e intoccabili ecclesiastici. Una rivincita e denuncia dei più deboli contro le prevaricazioni del potere. Senza censura e moralismi si è trattato di preti pedofili e concussione del Vaticano nell’insabbiamento di casi criminosi (tra tutti il caso di Emanuela Orlandi, tra alti prelati, banda della Magliana e massoneria). La crisi finanziaria, la disoccupazione e l’impoverimento economico e culturale dell’Italia sono venuti subito a riflettersi nei casi trattati dal programma.
Tra questi trovano spazio anche le conseguenze dell’omofobia e le frustrazioni dovute alla messa in crisi dell’identità sessuale. Disagi non immediatamente esplicitati in trasmissione ma che alle antenne del pubblico gay non potevano certo sfuggire. Su volontà dei famigliari degli scomparsi spesso non viene raccontato tutto agli spettatori, compresi i dettagli di scomparse poi risolte in suicidio.
È accaduto così per quell’aspirante attore meridionale quarantenne abitante a Bologna, lampantemente gay che in crisi economica sparì senza traccia, ritrovato molto tempo dopo morto in un fosso nei pressi di Parigi. Ma molto spesso la non accettazione della propria sessualità può essere la molla scatenante di tragedie. E di questo tipo potrebbe essere un caso, molto a lungo trattato in trasmissione, riguardante un giovane studente universitario sparito nel nulla, di cui è emerso nelle indagini un rapporto psicologico morboso col suo co-inquilino. Casi inspiegabili come quelli del bellissimo militare pugliese Trifone Ragone, ucciso a revolverate in auto con la fidanzata all’uscita dalla palestra a Pordenone, che riescono a essere più plausibili dopo l’arresto dell’ex coinquilino e commilitone Giosuè Ruotolo.
I giornali non osano ancora dire nulla sul “motivo passionale” ma in trasmissione l’inviato Gian Loreto Carbone ha fornito supposizioni adatte per inquadrare la vicenda.
Straziante fu il caso del giovane Tony Barbatelli ucciso in un dirupo del parco di Capodimonte a Napoli, in zona non pubblica, mentre faceva jogging nel 2011. Clamorosa fu la telefonata in diretta d’una telespettatrice, che forniva dettagli su chi frequentasse quelle zone del parco la sera, specie per rapinare i gay per i quali costituiva un luogo d’incontri. Quella volta la Sciarelli fece giochi di prestigio per deviare il discorso, davanti alla madre del povero ragazzo che attonita ne era stata sconvolta. Da quella volta le telefonate degli spettatori vengono centellinate con maggior scrupolo.
Di quest’anno è stato il caso dei due ragazzi di Caserta, Alessandro Sabatino e Luigi Cerretto, che senza impiego e come coppia gay hanno dovuto adattarsi al lavoro di badanti, con un solo stipendio diviso in due, per un anziano di Siracusa. Da lì il mistero della loro scomparsa, inquisito il figlio dell’anziano e i cadaveri non ritrovati. In trasmissione si sono visti, come mai in TV, i famigliari di questi due ragazzi parlare dell’omosessualità accettata dei propri figli in modo “normale”.
Come col milanese Gino Braggio, la cui meravigliosa madre ha raccontato in studio la sua totale accettazione del coming out dell’amato figlio e poi la disperazione per averlo ritrovato morto, inspiegabilmente, gettato da un viadotto ad Alghero dopo aver passato la notte con una prostituta.
Un vero segno della quotidiana modernità in Italia, che l’ipocrisia ufficiale dei mass media difficilmente mostra e a cui raramente dà voce. Grande pregio alla trasmissione lo danno i gay che lavorano in redazione e come giornalisti d’impegno civile rendono più qualificato il loro lavoro, riuscendo anche ad approfondire e mettere sotto i riflettori nazionali alcuni casi che altrimenti verrebbero frettolosamente accantonati. La grettezza omofoba e provinciale di fondo emerge in tutti i casi del genere.
Come non ricordare la madre in lacrime di Marco Talamona, caso irrisolto del 2011, che dopo essere stato licenziato da uno studio odontoiatrico perché gay era andato a vivere col suo cavallo in Sardegna e poi lì fu ucciso nell’incendio della sua roulotte. Forse perché aveva una relazione con un uomo sposato del luogo? Una Brokeback Mountain sarda?
Già in passato ci fu il caso d’un professore forse ucciso dalla famiglia del suo fidanzato. E tanti altri casi irrisolti, anche non recenti, hanno toccato aspetti assai più scomodi.
Come nel caso della ragazza leccese Roberta Martucci, fatta sparire nel 1989, dove emerse il rapporto di “un certo tipo” con due amiche inquisite. O il diciottenne Willy Branchi, ucciso nel 1988 con un colpo di pistola da macellaio in fronte, trovato nudo sull’argine del Po, costretto a orge gay con tre uomini sposati e poi fatto tacere. Oppure il restauratore Piero Nottiani, morto nel 1998 a Perugia, forse non ucciso da un ignoto rimorchiato ai giardini ma da trafficanti d’arte falsa. Ma anche in vicende ben più famose la Sciarelli ha avuto modo di stupire il suo pubblico. E come nel caso di Garlasco, con Alberto Stasi che forse uccise la fidanzata perché gli aveva trovato nel computer, tra diecimila film e foto pedo-pornografiche o di trans, anche un racconto gay con protagonista un nero?
Ma storica è restata la serata del 2012 in cui la conduttrice, di cui già s’intuiva da tempo l’antipatia per lo spergiuro Salvatore Parolisi, militare e assassino spietato della moglie, ne rivelò le passioni “segrete”. Scandendo, in modo chiaro e uno per uno, i titoli dei filmati che lui aveva visto al PC solo pochi giorni dopo il delitto, con protagonisti dei gran pezzi di maschi penetrati da trans. Una scena di smascheramento brutale della realtà in nome della verità assoluta. Talmente autentica e inedita per la RAI da essere, in quella cornice impassibile, quasi al limite del teatro dell’Assurdo di Eugene Ionesco.
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