Il Governo e il Parlamento non hanno mai preso seriamente in considerazione misure specifiche di tutela per le persone LGBT. Fortunatamente viviamo in un paese in cui il potere giudiziario è autonomo dall’esecutivo e dal legislatore, e negli ultimi anni molti tribunali hanno emesso sentenze a favore dei diritti delle persone LGBT.
L’ultima di queste, in ordine cronologico, è stata quella della Corte di Cassazione del luglio scorso. Stabilisce che le persone transessuali possono ottenere la rettificazione del sesso sui documenti senza necessariamente doversi sottoporre all’operazione di riassegnazione chirurgica del sesso. Per i giudici obbligare una persona transessuale a operarsi rappresenta una violazione grave della dignità umana, nel caso in cui l’intervento non sia desiderato. È da notare che un disegno di legge contenente un principio analogo è arenato da più di due anni in Commissione Giustizia al Senato.
In questo caso la Corte di Cassazione ha potuto agire in modo incisivo per la tutela dei diritti delle persone transessuali. L’interpretazione contenuta in questa sentenza dovrà essere considerata da tutti gli organi dello Stato come quella più valida nel caso in cui debbano valutare situazioni analoghe in futuro.
In assenza di una legge, come nel caso delle unioni omosessuali, i tribunali però possono esaminare solo situazioni specifiche e circoscritte dei singoli che abbiano presentato un ricorso davanti a essi.
E possono venire in soccorso le Corti sovranazionali, come mostrato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul caso Oliari e altri contro Italia, sempre del luglio scorso, che impone l’obbligo di prevedere nell’ordinamento interno una forma di tutela giuridica accessibile alle coppie omosessuali.
I ricorrenti in questo processo, sei coppie omosessuali italiane, lamentavano la violazione della Convenzione europea dei diritti umani, poiché non avendo accesso al matrimonio o ad altre forme di tutela non potevano vedere riconosciuta la propria unione davanti alla legge.
La Convenzione, firmata dall’Italia e altri 47 paesi europei, è un accordo internazionale che vincola gli Stati firmatari a tutelare i diritti fondamentali della persona e per verificare il rispetto di tali obblighi è stata istituita la Corte. Tra quelli contemplati vi è il diritto al rispetto della vita privata e familiare e secondo la sentenza proprio a questo obbligo è venuta meno l’Italia.
La Corte nella sentenza argomenta che le coppie dello stesso sesso hanno bisogno di riconoscimento e protezione legale della propria relazione, al pari delle coppie eterosessuali, e che in Italia non vi è alcuna strada percorribile per ottenerli. Allo stato attuale, quindi, la tutela dei bisogni e dei diritti più basilari può essere ottenuta solo in tribunale, ma non è scontato che questo avvenga in mancanza di una legge specifica, in più con tempistiche molto lunghe per il sovraccarico del sistema giudiziario. Tutto ciò determina una notevole incertezza per le coppie dello stesso sesso e rappresenta un notevole ostacolo alla fruizione della tutela della propria vita privata e familiare. Perciò la Corte nota che in Italia c’è una notevole distanza tra la realtà sociale e la legge e che il modo più appropriato per colmarla è l’introduzione di unioni civili o partnership registrate, che potrebbero offrire tutela e riconoscimento alle coppie omosessuali in modo coerente e uniforme. Lo Stato italiano non ha un ampio margine di discrezionalità riguardo a questo problema, da una parte perché concerne un aspetto intimo e profondo dell’identità individuale, dall’altra perché vi è un consenso crescente tra gli stati europei (e nel mondo) sulla necessità di riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso. A restringere ulteriormente questo margine concorre il fatto che questa stessa indicazione è arrivata più volte dalle più alte autorità giudiziarie italiane, la Corte costituzionale e la Corte di Cassazione, indicazione però ignorata costantemente. Pertanto l’Italia potrà scegliere l’esatta estensione dei diritti e dei doveri da conferire alle parti di un’unione omosessuale, ma ha l’obbligo di introdurre una forma di tutela giuridica per le coppie omosessuali per porre fine alla violazione della Convenzione.
Ciò dimostra di nuovo che l’inazione parlamentare e governativa non può avere la meglio sull’affermazione dei diritti dei cittadini. Questa è quindi una sentenza di grande valore, prima giuridico e poi simbolico, che stabilisce un precedente le cui conseguenze travalicano i nostri confini nazionali e che potrà essere utilizzato anche in altri paesi europei che ancora non forniscono alcuna forma di tutela giuridica per le coppie dello stesso sesso. È un mattone fondamentale per continuare a costruire l’Europa (e l’Italia) dei diritti.
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