L’altra metà del velo

Un giovane architetto gay persiano che vive a Milano racconta le drammatiche condizioni di vita degli omosessuali iraniani, tra repressione politico-religiosa e speranza nel mondo globalizzato.

A giudicare dal nickname col quale Hos si presenta in chat (Godofcaspian, “il dio del Caspio”) e dal piglio deciso col quale gestisce l’intervista, questo ragazzo iraniano (meglio, persiano) di 27 anni non sembra farsi intimidire troppo dai deliri omofobici del suo presidenteAhmadinejad. Peccato che non si limiti a straparlare: il regime iraniano della repubblica islamica incarcera e mette a morte ogni anno decine di omosessuali, spesso adolescenti.

Hos si rifiuta però di considerare la propria omosessualità come la ragione principale del suo arrivo in Italia. «Sono qui da tre anni perché voglio fare l’architetto, prima di tutto», tiene a precisare. «Mi sono laureato in architettura in Iran e qui in Italia ho conseguito un master. Adesso frequento un dottorato di ricerca e poi vedrò di trovarmi un impiego in uno studio italiano, visto che ho già lavorato come architetto. Potrei anche tornare in Iran per fare questo mestiere e di certo mi assumerebbero subito. L’Iran non è un paese povero, non sono venuto in occidente perché morivo di fame. Ed essere gay non è l’aspetto principale della mia vita».

Però stare in Italia ti permette di vivere liberamente da gay…

Certo, da quel punto di vista qui si sta molto meglio. Diciamo che stando in Iran ero costretto a non pensarci troppo, non potevo incontrare nessun altro ragazzo gay come me e negavo la mia vera identità. Da quando sono in Italia sono riuscito a guardare meglio dentro me stesso.

La tua famiglia sa che sei gay?

Assolutamente no! Vengo da un ambiente piuttosto istruito, ma decisamente conservatore nelle questioni morali. Anche se cambiasse il governo, la mia famiglia non mi accetterebbe mai come gay. La maggior parte degli iraniani crede che l’omosessualità sia una degenerazione dell’occidente.

I miei genitori non hanno nemmeno idea, di cosa sia davvero un omosessuale. Ho due sorelle e un fratello e credo che nemmeno loro capirebbero la mia situazione, nonostante mi vogliano bene e credano in me. Un giorno forse a loro lo dirò, ma sarà dura farglielo capire ed accettare.

Se glielo dicessi, cosa succederebbe?

Non succederebbe nulla: loro si aspettano una checca sculettante e non crederebbero che io possa c’entrare qualcosa con quel mondo lì.

Per farti capire: un giorno io e mia madre abbiamo visto una drag queen su Gay.tv, un canale satellitare italiano. Era vestita di piume, imparruccata e vistosa. Ad un certo punto mia madre mi ha chiesto se fossero quelli, gli omosessuali. Io ero imbarazzatissimo, ho farfugliato di non saperlo e ho cambiato canale…

Come hai capito di essere gay?

Fin da quando avevo quattro anni so che mi piacciono i maschi. Ricordo che ho preso una cotta per il mio maestro elementare e che sognavo di fare sesso con lui. La mia prima relazione con un altro ragazzo è stata virtuale. Avevo 22 anni, ero ancora in Iran ed ero in crisi perché non volevo accettare la mia condizione. Ho conosciuto in chat un ragazzo del Salvador, parlavamo tutti i giorni per molte ore, ero parecchio coinvolto. Grazie a lui ho cominciato a capire un po’ più di me stesso e del mondo gay.

Come mai è così difficile affrontare l’argomento omosessualità, per gli iraniani?

In Iran politica e religione sono la stessa cosa. Anche se non ci fosse ostilità politica nei confronti degli omosessuali, rimarrebbe l’enorme problema del rifiuto delle famiglie.

Per farti capire la situazione posso dirti che qualche tempo fa, quando già stavo in Italia, ho ricevuto la visita di alcuni studenti che uscivano dall’Iran per la prima volta. Una delle prime cose che mi hanno chiesto è stata di andare in un locale gay per vedere come fossero fatti gli omosessuali!In Iran avevano sentito parlare del mondo gay occidentale ma dicevano di non aver mai conosciuto un gay in vita loro. Ovviamente non gli ho mai detto di me, ma almeno ho cercato di spiegar loro che ci sono gay in anche in Iran ma non hanno nessun diritto civile, che sono come tutti gli altri esseri umani e che l`unica differenza è il loro orientamento sessuale.

La cosa strana è che nel mio paese da qualche anno è più facile per chi lo desidera cambiare sesso, perché c’è una legge apposta che lo permette, vengono da tutto il mondo perché le procedure sono semplici e veloci.

Quindi per un gay è più facile diventare donna che avere occasione di incontrare altri omosessuali:  molti gay sono costretti a cambiare sesso per poter vivere liberamente la propria omosessualità!

Quale ruolo ricopre la religione islamica nella tua vita? La tua famiglia è religiosa?

Solo mia madre pratica molto. Fino a dieci anni fa ero credente e praticavo anch’io, seguivo le cerimonie, non mi masturbavo in osservanza delle regole coraniche. Poi mi sono stancato, ho aperto le pagine del libro sacro dove c’è scritto che l’omosessualità è peccato e mi sono detto: non mi importa se andrò all’inferno, la religione non fa per me se mi impedisce di essere me stesso. Dato che in Iran la religione non dà scelta, sei costretto a praticarla senza discutere. Allora preferisco rimanere ateo.

Ti è mai arrivata voce di storie difficili di altri omosessuali in Iran?

La maggior parte di noi se ne sta ben nascosta. Di omosessuali non si parla mai e non se ne sa nulla, tranne quando si parla delle transessuali, che sono visibili per forza di cose, anche grazie alla legge di cui parlavo prima.

Gli omosessuali iraniani si danno appuntamento in alcuni posti particolari via internet, ma a volte la polizia lo viene a sapere. Spesso i poliziotti tendono trappole ai gay, li stuprano e li picchiano indisturbati. Poi rimangono impuniti perché nessuno dei malcapitati ha mai il coraggio di denunciare la polizia, ovviamente: ammettere di essere gay vorrebbe dire andare incontro alla condanna a morte sicura. La censura è generale e non riguarda solo l’omosessualità. In tv o sui giornali non si parla mai di sesso e non si possono mostrare nudità, soprattutto femminili. Ad esempio: nelle scuole d’arte dove si studia l’anatomia umana è vietato disegnare dal vero le modelle nude, che quindi sono costrette a posare tutte vestite da cima a fondo! Immagina quanto possano capire gli artisti del corpo umano, in queste condizioni…

Perché molti gay del tuo paese si sposano? Se dovessi tornare in Iran, ti sposeresti anche tu?

In Iran non esiste il matrimonio civile, c’è solo quello religioso ed è regolato da rigidi accordi tra le famiglie. Un omosessuale potrebbe anche non sposarsi, ma riceverebbe pressioni fortissime da parte della famiglia di origine. I gay iraniani, quindi, cedono e si sposano, oppure scappano e vengono in occidente.

Per quanto mi riguarda, se mi dessero la possibilità di scegliere credo che sceglierei di non essere omosessuale, non è certo la vita migliore che vorrei fare in assoluto.Non so se ci tornerò mai, in Iran, ma confido nella comprensione della mia famiglia, credo di potermela cavare e di non sposarmi. Al limite mi trovo una donna col cazzo…

Una volta sposati, i gay riescono comunque a incontrarsi fra di loro?

Se lo fai di nascosto riesci a fare tutto quel che vuoi, basta incontrarsi in posti segreti. Come ti dicevo, anche se a volte la polizia scopre i luoghi di ritrovo dei gay, in linea di massima sull’argomento vige una grande ipocrisia, c’è la congiura del silenzio. Il governo preferisce ignorare il fenomeno per non dover ammettere l’esistenza degli omosessuali iraniani: ufficialmente non esistono, come più volte ha dichiarato il presidente Ahmadinejad.

Secondo te vivono meglio i gay iraniani anziani o quelli più giovani?

I giovani sono i più fortunati perché vivono in un mondo globalizzato, possono accedere ai canali satellitari e ad internet. Un gay iraniano in difficoltà può pubblicare la sua esperienza in un blog: se aggira la censura, tutto il mondo lo leggerà. Se c’è un pride a Milano lo vengono a sapere anche i gay in Iran; se mettono a morte dei gay in Iran lo sanno presto anche a Milano e così i gay milanesi possono organizzare una manifestazione di protesta. Certamente è meglio adesso di qualche anno fa: l’Iran non è isolato dal resto del mondo e questa interconnessione mondiale non potrà che migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini.

Si parla mai di sesso sicuro, in Iran?

Il problema dell’aids nel mio paese non esiste ufficialmente. Di norma, tu non dovresti mai praticare il sesso, quindi l’aids non dovrebbe interessare nessuno. Anche in questo caso, è diffusa la convinzione che sia una malattia dell’occidente, che non ci riguardi affatto. Esistono campagne di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, ma sono molto blande, accennano a malapena alle relazioni sessuali extraconiugali e ovviamente non parlano mai di omosessualità. Quel che so l’ho imparato sui siti internet qualche anno fa, prima di venire in Italia. Quando ho cominciato a fare vita gay ho capito quanto fosse importante sapere del sesso sicuro sia per me che per il mio partner.

Hai amici gay, qui in Italia? Sono iraniani come te?

I miei amici sono sia gay che etero. Di iraniani ce ne sono pochi, qui. Alcuni miei amici sono i compagni del mio corso di architettura e vengono da vari paesi del mondo.

Sei mai stato fidanzato? Come ti sembrano i gay italiani?

Sono stato fidanzato due anni con un italiano dopo che per i primi sei mesi di permanenza qui non ho mai fatto vita gay. Ero molto innamorato di lui ma ho scoperto che il nostro amore era più che altro un ostacolo alla mia crescita come persona, o forse sono io che sono troppo ambizioso…

All’inizio avevo molta paura del mondo gay, poi ho preso coraggio e mi sono registrato in qualche sito di chat. Il passo successivo è stato andare in un bar gay. La cosa strana per me era vedere un locale popolato solo da uomini che si baciavano e si abbracciavano. L’ambiente mi è sembrato molto rilassato e piacevole. Mi ha rassicurato molto che qualche ragazzo mi si avvicinasse anche solo per salutarmi. In quel locale ci sono tornato volentieri, ho cominciato a frequentare anche le chat gay e la mia vita è cambiata, sono entrato in un mondo totalmente nuovo ed eccitante.

Però non è il migliore dei mondi possibili. So che quello che sto per dire non è molto originale, però ho trovato il mondo gay occidentale molto superficiale e vuoto, non solo in Italia, ma anche in altre città dove sono stato, come Londra, Vienna, Praga… Tra tutti i paesi che ho visitato, in ogni caso, l’Italia mi piace più di tutti. A parte qualche problema burocratico, non sono mai stato discriminato dagli italiani. Ho sentito che in Italia molta gente vorrebbe cacciare tutti gli immigrati, ma io non posso farci nulla: finché sono ospite qui devo rispettare le regole. In tutto il mondo esistono persone buone e cattive, bisogna conviverci.

Conosci il movimento gay italiano? Sei mai stato a qualche pride?

Non conosco il movimento gay e non sono mai stato in una sede dell’Arcigay, anche se il mio ex fidanzato era un attivista di quell’associazione. Non sono mai andato al pride né credo che ci andrò mai, mi sembra una manifestazione volgare ed eccessiva, anche inutile. Che diritti in più volete, voi gay italiani, di quanti non ne abbiate già?

(Pubblicato originariamente nel numero di “Pride” di giugno 2009)

 

 

 

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