Aziende top

Come vive una persona lgbt sul posto di lavoro? Certamente bene se è il numero uno di una multinazionale globale, come l’amministratore delegato (Ceo) di Apple, Tim Cook, che ha appena fatto coming out, confermando le voci che circolavano da tempo sulla sua omosessalità: “Sono fiero di essere gay”, ha scritto in una lettera aperta pubblicata su Bloomberg Businessweek, motivando la sua mossa con un fine militante: “Se sapere che il Ceo di Apple è gay può aiutare […] chi è in lotta e si sente solo, oppure ispirare le persone a continuare a combattere per l’uguaglianza, allora vale la pena di parlare al mondo della mia vita privata”. Per un dipendente qualsiasi, però, ci sono imprese in cui è più difficile manifestare liberamente il proprio orientamento e altre più accoglienti e friendly come Ibm, Dow Chemical o Bnp Paribas, appena premiate dal primo Workplace Pride Global Benchmark.
Negli ultimi anni, mentre alcune imprese hanno fatto poco per l’uguaglianza e l’inclusione, molte altre hanno promosso e attuato buone pratiche in grado di migliorare l’ambiente di lavoro e di riconoscere ai dipendenti lgbt gli stessi benefit offerti ai loro colleghi eterosessuali, anche con l’obiettivo di attirare le menti migliori all’insegna di creatività e diversità.
In questo senso negli Stati Uniti l’associazione Human Right Campaign ormai da anni stila il Corporate equality index che misura quanto sono “friendly” le imprese americane. A Londra, invece, è l’associazione Stonewall a compilare la classifica delle imprese britanniche in base al suo Workplace equality index.
Negli ultimi due anni la fondazione olandese Workplace Pride, nata nel 2006, ha sviluppato il Workplace Pride Global Benchmark, uno strumento per valutare multinazionali e aziende locali sulla base delle politiche di inclusione delle persone lgbt sul posto di lavoro e delle pratiche adottate su scala mondiale e ha appena assegnato per la prima volta le sue “pagelle”. Delle 19 imprese coinvolte nell’analisi – 10 olandesi, 3 francesi, 3 americane, 2 tedesche e una austriaca – al primo posto si è piazzata Ibm, che ha ottenuto un punteggio dell’86 per cento rispetto al benchmark; seguita da Dow Chemical (80%), Bnp Paribas (76%), Shell (73%) e Cisco Systems (67%); al primo posto, tra i datori di lavoro che operano in un solo paese, c’è il comune dell’Aja.
Le imprese sono state valutate sulla base di un questionario che prende in considerazione cinque aspetti: politiche inclusive e comunicazione; esistenza di reti di dipendenti lgbt; supporto e benefit; inclusione e coinvolgimento; valutazione del luogo di lavoro e monitoraggio.
Se complessivamente le imprese analizzate dal Global Benchmark hanno raggiunto una valutazione vicina al 50% (47,98%) rispetto al livello considerato ideale, in alcuni settori rimangono ampi spazi di miglioramento: per esempio per quanto riguarda i benefit i risultati si fermano al 35%, rivelando ancora uno sforzo insufficiente per soddisfare le esigenze dei lavoratori lgbt e riconoscere pienamente i loro diritti, al pari dei colleghi eterosessuali. Si parla di permessi di lavoro, assicurazioni sanitarie, riconoscimento delle unioni anche quando la legislazione nazionale non le tutela in modo appropriato.
Uno strumento come il Global Benchmark, che punta a fornire un quadro aggiornato annualmente dei comportamenti aziendali, serve alle imprese che hanno a cuore l’inclusione e la valorizzazione delle differenze per valutare i progressi raggiunti. E anche alle organizzazioni lgbt per fare pressione e chiedere condizioni di lavoro migliori.
In Italia il “diversity management” è ancora un concetto poco diffuso e poco praticato dalle imprese né si può dire che il legislatore sia intervenuto per soddisfare i bisogni dei dipendenti, tenendo in considerazione le diversità e le esigenze delle minoranze, quella lgbt in particolare.
Eppure anche qui, sorprendentemente, gay e lesbiche non sono del tutto ignorati sul posto di lavoro, soprattutto grazie all’azione dei sindacati. In molti rinnovi contrattuali, infatti, i rappresentanti dei dipendenti sono riusciti a fare introdurre tutele e benefit estesi anche ai partner dello stesso sesso: i giornalisti possono estendere al partner la copertura sanitaria, i docenti della scuola pubblica hanno diritto al ricongiungimento anche al convivente dello stesso sesso, i lavoratori delle agenzie marittime possono chiedere la licenza matrimoniale anche per una convivenza dello stesso sesso e indicare il partner come beneficiario del proprio fondo pensionistico. Piccoli passi in direzione di un’uguaglianza ancora lontana.

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*