Lasciate che i bimbi

L’idea per un articolo sul mondo gay visto dalla parte dei bambini mi frullava per la testa già da parecchi mesi, finché un pomeriggio, mentre giocavo con Cristiano – 4 anni non ancora compiuti – il pargolo mi ha chiesto a bruciapelo: “Ma è vero che tu baci tutti gli uomini?”.
“Non tutti, ma ci sto provando”, avrei voluto rispondere all’adorabile impertinente, e invece me la sono cavata balbettando qualcosa di più evasivo.
Poi, qualche settimana più tardi, è circolato in rete un bel video realizzato dai fratelli produttori e registi statunitensi TheFineBros, nel quale vengono filmate le reazioni di un gruppo di giovanissimi californiani dai 5 ai 13 anni durante la visione di due proposte di matrimonio particolarmente coreografiche e divertenti, una gay e una lesbica. Dopo un’iniziale perplessità da parte dei bimbi più piccoli, le risposte alle varie domande sulle nozze tra persone dello stesso sesso hanno svelato dei cittadini in erba molto saggi e rispettosi, addirittura indignati nell’apprendere che non ovunque negli Usa (e nel mondo) le persone possono sposare chi vogliono.
Da qui alla possibilità di interpellare sul tema anche qualche bambino italiano il passo è stato breve.
Dopo aver scomodato un gruppo di genitori quarantenni scelti tra amici e colleghi, conoscenti e parenti, ho incontrato la loro perplessità nell’affrontare l’argomento con i loro figli, tutti di un’età che va dai 4 ai 13 anni. Titubanze che in seguito, dopo un tentativo di intervista a un paio di bambini andato a vuoto per mancanza di reazioni di rilievo, ho ritenuto più che fondate.
A quel punto ho cambiato approccio e sono stati i genitori stessi a rispondere a proposito delle modalità con le quali hanno affrontato o affronteranno in futuro l’argomento omosessualità coi loro bambini.
“Quando andava all’asilo, un paio di anni fa, mio figlio Riccardo per la prima volta ha chiesto come mai lo zio non fosse fidanzato con una ragazza”, ci spiega Sabrina, 42 anni, mamma di Carlotta, Riccardo e Cristiano (9, 8 e 4 anni). “Io gli ho risposto che in realtà lo zio, ovvero mio fratello, è fidanzato e vive con un uomo che lui conosce benissimo, dato che ci vediamo spesso nei pranzi di famiglia e questo ragazzo ha disegnato con lui molte volte. A quel punto mio figlio ha ribattuto che anche lui, da grande, vuole andare a vivere col suo migliore amico Gioele”.
Valeria M. (42 anni) è madre di Maddalena e Sebastiano (12 e 8 anni) e ammette che alcune domande sull’omosessualità sono arrivate, “ma io le ho sempre prevenute, spiegando la realtà nel modo più chiaro possibile. Un paio d’anni fa siamo andati in vacanza con una nostra amica lesbica, la sua compagna e il loro bambino, e in quell’occasione ho spiegato ai miei figli che le due signore stanno insieme, si sono innamorate e che quindi il piccolo Romeo ha due mamme; già era capitato altre volte che facessero domande su un’altra coppia di amici e colleghi gay che frequentiamo. Confesso che non mi hanno colta alla sprovvista proprio grazie alle nostre amicizie. Forse, se fossi rimasta a vivere a La Spezia, dove sono nata e cresciuta, non avrei avuto la fortuna di entrare in contatto con amici omosessuali, e la domanda mi avrebbe spiazzata”.
Alessandra, 38 anni, racconta invece di un episodio accaduto un paio di anni fa, durante la visione assieme alla figlia Valentina, che adesso ha 6 anni, di un programma televisivo dove due donne si baciavano: “Mia figlia s’è messa a ridere, ha chiesto come mai si stessero baciando e le ho risposto che anche due maschi o due femmine si possono fidanzare tra loro”.
Valeria V., 48 anni, mamma di Viola (9 anni), ricorda la volta in cui la figlia “ha chiesto chiarimenti sul perché lo zio, ovvero mio cognato, avesse un fidanzato invece che una fidanzata, oppure come mai una nostra amica lesbica stesse in coppia con un’altra donna. Le ho spiegato che l’importante è l’amore e che ciascuno si innamora di chi vuole”.
Cristina, 40 anni, spiega come il figlio più grande Pablo (13 anni) sia troppo introverso per chiedere lumi sulla questione gay, e che sia stata invece la più piccola e spregiudicata Caterina, di 9 anni, a sollevare la “questione” gay in famiglia: “Ha raccontato più volte di un suo compagno di classe che, parole sue, crede di essere una femmina, sta sempre con le bambine e gioca con loro.
Io e mio marito pensiamo comunque che non sia il caso di fare dell’omosessualità un tema, preferiamo far passare il messaggio che non c’è nulla di male a essere gay, senza soffermarcisi troppo. La cosa migliore è stata comunque l’esperienza di qualche tempo fa, quando abbiamo fatto una vacanza con una coppia gay che ha molto socializzato coi miei figli. In quel caso siamo stati noi a spiegare che questi due signori, compagni da una vita, vivono insieme e sono una famiglia anche se non hanno figli”.
Che siano in età da scuola elementare, oppure un po’ più cresciuti, tra i bambini c’è un compagno di giochi che qualcuno invita sempre, ed è il bullismo omofobo; a volte declinato in forma di gioco ignaro, a volte più penosamente consapevole: “Mia figlia ha chiesto tempo fa di ripetere con lei un gioco che aveva fatto coi compagni del campo estivo, spesso più grandicelli”, rammenta Alessandra. “Nel gioco si contava così: «Un gay, due gay, tre gay…» fino a «sei gay!», e anche in quel caso Valentina s’è messa a ridere. Quando le ho chiesto cosa fosse un gay, ha ammesso che non lo sapeva. A quel punto le ho spiegato che non è giusto prendere in giro le persone per le loro condizioni personali; lei era d’accordo con me di non farlo più”. Anche Valeria M. s’è accorta di qualche passatempo “a tema gay” nella scuola del figlio più piccolo: “Ho sentito che i bambini usano il termine «gay» come vero e proprio insulto, senza sapere esattamente cosa significhi; spesso lo fanno nei confronti di ragazzini più timidi e remissivi che probabilmente gay lo sono davvero”.
Cristina conferma: “Nella classe di mia figlia dire «tu sei gay» è fare un’offesa. Non so se vogliano colpire il ragazzino che forse è gay sul serio. Di certo c’è il bulletto della classe che usa molto questo termine in modo dispregiativo, e ha contagiato anche mia figlia. Quando le ho chiesto spiegazioni lei ha risposto che lo fanno tutti. Ho sentito girare anche la filastrocca «un, due, tre, quattro, cinque, sei; io son figo e tu sei gay!». Abbiamo sgridato Caterina per questo, anche se capiamo che chi l’ha inventata la dice senza sapere veramente cosa significhi”.
A detta di alcuni degli intervistati, non va meglio tra genitori e insegnanti, i quali quando parlano di omosessualità si rivelano più infantili dei loro figli: “Un giorno la mamma di un compagno di scuola di Cristiano lo ha apostrofato quando gli ha visto addosso il berretto rosa di Peppa Pig, che per lei sarebbe «da femmine»”, ci spiega Sabrina. “Io ho rassicurato mio figlio davanti a lei: può indossare quel che vuole se questo lo fa felice”. Alessandra, che ha iscritto il figlio Diego al corso di danza, ci racconta invece che “durante il saggio di fine anno la mamma di un compagno d’asilo di Diego, ben sapendo che la stessi ascoltando, ha deprecato l’esibizione dei maschietti sul palco dicendo che «io a mio figlio la calzamaglia la metto solo se deve sciare!»”. Valeria M. ha avuto qualche problema con l’insegnante di religione della scuola di suo figlio, anche se è esentato dalla materia: “A proposito di gay se ne è uscita dicendo «io su certe cose non ce la posso proprio fare», Sento anche discorsi del tipo «non c’è nulla di male, ma lo facessero a casa loro», oppure «lasciassero in pace i bambini». Sia genitori che insegnanti pensano che anche il solo parlarne faccia male, che influenzi i bambini tanto da farli diventare «così»”.
Per concludere, non ho potuto esimermi dal chiedere a questi genitori come si comporterebbero se, una volta cresciuti, uno dei loro figli dovesse scoprire di essere gay o lesbica.
Sabrina è convinta che “non avrei problemi, sappiano fin da subito che avranno la mamma dalla loro parte, anzi: spero che loro non avranno paura a parlarmene. Temo invece che ci saranno problemi col papà: mio marito farebbe molta fatica ad accettarlo, sarebbe una vera e propria tragedia. Il figlio di alcuni amici già a 6 anni dava segnali chiari di essere gay, la famiglia ha ignorato del tutto questo aspetto e so che il padre, se potesse, cancellerebbe questo suo bambino così ‘diverso’, che per fortuna ha trovato nella nonna un’alleata che lo sostiene. Ecco, io vorrei che i miei figli non si dovessero trovare in questa situazione, vorrei essere loro d’aiuto in ogni frangente”. Chiara, 42 anni, dice che avrebbe a cuore solo la felicità dei suoi bambini di 6 e 4 anni, che fossero gay oppure no, anche se le dispiacerebbe non diventare nonna “per l’esperienza che egoisticamente mi perderei io. Lo so che altrove, nei paesi civili, è normale per gli omosessuali adottare o fare dei figli, ma credo che in Italia sarà ancora difficile, a meno che le cose non cambino profondamente”.
Il marito di Valeria M., Cristiano, 48 anni, ci assicura che “non avrei problemi. È capitato di parlare coi miei figli immaginando dei futuri fidanzati, e in quei casi siamo stati attenti a dire «il fidanzato o la fidanzata». Mi viene naturale contemplare questa possibilità, anzi, avendo amici gay e lesbiche abbiamo gli strumenti per spiegare loro che non ci sarebbe nulla di male se scoprissero di esserlo. Certo, sarebbe auspicabile che la società che avranno intorno fosse più accogliente di come è adesso”. Cristina ammette che non sa come reagirebbe: “Non credo che mi sconvolgerebbe, ma non ne so molto, è una realtà che conosco solo superficialmente. Quando leggo sui giornali dei ragazzini che si tolgono la vita pur di non dirlo a mamma e papà, sto male per loro e per i genitori. Se mi dovessi trovare in questa situazione credo che supererei il giudizio ostile delle altre persone”. Valeria V. sarebbe dispiaciuta solo perché la figlia “avrebbe più difficoltà rispetto ad altri ragazzi, dato che la nostra società non è così aperta. L’importante comunque è che sia contenta lei. Pensando al suo futuro la immagino con dei bambini e io con dei nipotini: se fosse lesbica forse questo non sarebbe possibile, almeno nel nostro paese. Mi auguro che per quell’epoca la situazione sia un po’ migliorata”. Il marito Maurizio, 50 anni, osserva allora con rammarico il fatto che “nelle scuole italiane non si parla di educazione sessuale, per cui i genitori si trovano impreparati ad affrontare l’omosessualità dei figli. So di genitori che si oppongono con forza a che si parli in classe non dico di omosessualità, ma nemmeno di sessualità in generale. Ne sono letteralmente terrorizzati, tanto che minacciano persino di togliere i figli dalla scuola se solo si osasse sfiorare l’argomento coi loro pargoli”.