Turismo per caso

A FINE SETTEMBRE di quest’anno a Bergamo all’interno di NoFrills, uno tra i più significativi eventi business to business per il settore viaggi in Italia, si è tenuta la terza edizione di Expo Turismo Gay. È stata un’occasione importante per fare il punto della situazione di questo comparto, per capire cosa si sta muovendo in questo ambito nel nostro Paese, ma soprattutto per esaminare come ci si sta muovendo.
Le premesse e le aspettative erano decisamente alte. La manifestazione si è aperta a Milano con un cocktail di benvenuto insieme a Clark Massad, vicepresidente Europa di Iglta, l’associazione internazionale del turismo gay e lesbico (www.iglta.org). L’area espositiva dedicata era posizionata strategicamente all’ingresso del quartiere fieristico per cui risultava impossibile non vederla e gli espositori erano molto più numerosi rispetto al passato.
Erano organizzati diversi convegni di presentazione di dati, progetti, destinazioni e, per concludere, ha avuto un ragguardevole successo la partecipazione di Alessandro Fullin con uno show speciale dall’emblematico titolo Fullin in valigia: meglio la Guida Michelin o Grand Hotel?
NoFrills è un appuntamento specifico per il commercio, quindi solo per professionisti del settore come compratori e venditori di agenzie di viaggio, tour operator, enti del turismo e catene alberghiere. Si occupa sia dell’incoming (il turismo estero verso l’Italia o quello nostrano all’interno del paese) che dell’outgoing (gli italiani che vanno oltralpe). A Expo Turismo Gay erano presenti stand e addetti di tutti questi ambiti che però, salvo pochissime eccezioni, hanno ancora idee confuse su chi è il consumatore glbt, su cosa può interessargli ma soprattutto su come va avvicinato.
Partiamo tuttavia dalla maggiore nota positiva. La vera novità di ETG 2013 sono stati i programmi per lo sviluppo come destinazioni friendly di aree territoriali nazionali a forte vocazione turistica ma prive di attrazioni gay nel senso “ricreativo-commerciale” del termine ovvero dove non ci sono locali a tema.
Il circolo Arcigay La Salamandra si è presentato in fiera insieme a Provincia, Comune capoluogo e Camera di Commercio di Mantova con materiale informativo da offrire ai visitatori, un pacchetto di proposte legate al turismo enogastronomico, culturale e sostenibile e convenzioni con strutture ricettive, servizi ed enti locali. Inoltre ha partecipato attivamente alla candidatura, purtroppo già persa, della città a capitale europea della cultura 2019. (www.arcigaymantova.it).
L’esempio da cui hanno tratto spunto è la Toscana, che per ora è rimasta la prima e l’unica regione che all’interno del suo sito istituzionale ha aperto un canale dedicato al turismo glbt. Il numero di visitatori a queste pagine è decisamente incrementabile se solo si investisse un minimo in una promozione ad hoc (www.turismo.intoscana.it).
Il portale Partifriendly.com, che ha il patrocinio dell’assessorato al turismo della Regione Puglia e dell’assessorato al marketing territoriale del comune di Bari, in partnership con il gruppo Albatravel ha lanciato “Apulia No Differences”, un nuovo brand dedicato al turismo friendly nella regione e in specifico nel Salento.
L’immagine della campagna promozionale mostra un letto matrimoniale su un bagnasciuga da sogno e la frase che l’accompagna “Share it as you wish”, condividilo come desideri, è decisamente eloquente. Se avessero magari usato l’immagine di una coppia di ragazzi o di ragazze sopra quelle lenzuola, il messaggio sarebbe stato di certo di maggiore impatto ma complimenti comunque all’iniziativa. Nel frattempo restiamo in utopistica attesa che la zona di Gallipoli, meglio nota come “Gayllipoli”, non si limiti ad accoglierci d’estate per dimenticarsi che esistiamo durante il resto dell’anno.
In contrapposizione perché totalmente “out and proud”, esplicita e orgogliosa, e anche per questo ha meritato il nostro plauso come miglior comunicazione in assoluto, segnaliamo 2Floor il primo gay boutique hotel a Roma. Situato in un palazzo storico che affaccia sul Colosseo era l’unica attività ricettiva a proprietà gay presente alla rassegna con un proprio stand (www.2floor.it).
Torino, le Langhe e le montagne olimpiche proposte in tre distinte brochures bilingue italiano e inglese è l’offerta su cui punta l’associazione Quore con il suo programma “Friendly Piemonte” (www.quore.it). Non solo i gianduiotti, i tartufi, le piste da sci o le residenze reali ma anche uno dei pride più partecipati d’Italia e il festival internazionale di cinema “Da Sodoma a Hollywood” sono ottimi motivi per un city break o un soggiorno più lungo tra paesaggi mozzafiato.
Anche se assente in maniera ufficiale, un rapido accenno alla Sardegna è doveroso. A giugno il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, mentre teneva lo striscione iniziale alla seconda edizione della parata per l’orgoglio glbt sulla spiaggia del Poetto, ha dichiarato al sito Fattoquotidiano.it: “Ora un pride nazionale a Cagliari, se gli organizzatori saranno d’accordo io non ho nulla in contrario”. E l’assessore al turismo Barbara Argiolas ha approvato la proposta: “Si tratta di un target molto definito che dovrebbe essere attirato in ogni modo”. Il successo di Palermo pride 2013 insegna e, stando a Ilsitodipalermo.it, il sindaco Leoluca Orlando si è detto disponibile a ospitare un’edizione di Expo Turismo Gay in città.
Se queste sono le luci all’orizzonte, con la speranza che prima o poi tutti questi attori collaborino insieme e operino a sistema, molte di più sono state le zone d’ombra.
Tanto fumo e poco arrosto insomma? Non proprio. Secondo Alessio Virgili presidente di Aitgl, l’associazione italiana turismo gay & lesbian, la popolazione glbt della penisola genera un fatturato annuo di 2,7 miliardi di euro, una cifra comprensibilmente in calo rispetto al passato ma ancora ragguardevole (www.aitgl.org). Quello che sul Bel paese continua a gravare è una paralisi mentale che impedisce di sviluppare il volume d’affari al massimo delle possibilità.
Perché all’estero riescono ad attirare centinaia di migliaia di visitatori glbt e da noi non capita?
I motivi principali sono due: la paura di comunicare in maniera diretta verso il target, e che in Italia il cliente gay lo si vuole statico e granitico. Va bene insomma purché sia non riconoscibile e ricco, o se questo non è proprio possibile è accettabile purché sia molto discreto e ricco. Infatti mentre Alitalia sull’orlo del tracollo introduce la nuova offerta “SaltaSu Family per qualunque sia la tua famiglia” (dedicata alle famiglie e/o ai gruppi di almeno 3 persone composte da minimo due adulti e almeno un minore di età compresa tra 0 e 14 anni non compiuti), Air France ha aperto i siti www.gay-airfrance.de e www.gay-airfrance.es
In pratica è la nostra industria del turismo che seppur ci desidera alla resa dei conti ci esclude, perché incapace di consideraci nella nostra specificità.
Oppure tende a riciclare comunicazione e comportamenti pensati per un pubblico “generalista”, pensando che basta aggiungere un fiocco rosa o una bandiera arcobaleno per farci abboccare all’amo, lamentandosi che questo non accade e non riconoscendo i propri errori.
Si cerca insomma di avvicinare le persone omosessuali viste come un gruppo omogeneo di consumatori “alto spendenti” senza spaventare gli eterosessuali “massa da rassicurare”, e l’etichetta dietro cui ci si nasconde, o che si usa come specchietto per le allodole, è definirsi gay friendly, termine camaleontico perché applicabile a vanvera a qualsiasi cosa.
L’espressione che invece bisogna iniziare a (far) usare è “gay welcoming”, “gay benvenuti”. La base minima è che in un albergo alla reception un albergo alla reception non faccia una piega quando si presentano due uomini o due donne che hanno prenotato una camera matrimoniale, evitando quindi di dire che ci deve essere un errore (e se la struttura è davvero avanti il personale è in grado di indicare gli indirizzi gay della città).
In un ristorante ci si aspetta che non darà fastidio se due persone omosessuali si scambiano effusioni pubblicamente o magari un anello di fidanzamento per una richiesta di matrimonio e il proprietario sarà pronto a difendere la clientela gay contro eventuali intemperanze di clienti etero. Se si parla di una destinazione geografica il messaggio principale è che lì è possibile socializzare in sicurezza e che la nazione ha un comportamento ufficiale di difesa dei diritti glbt.
Anche a Bergamo si è parlato di offerte, attività e servizi gay friendly ma si è altresì scoperto che, come una scatola cinese, questa espressione ne può nascondere un’altra peggiore e tipicamente italiana: ipocrisia.
Due esempi chiarificatori. Durante uno degli incontri pubblici è stato detto che i gay vanno a Mykonos per la cultura greca, mentre secondo una ricerca sulle tendenze del settore turistico glbt tra i primi fattori di scelta della destinazione c’è la triade “sea-sun-sand” (sole, mare, sabbia) e non una decisamente più plausibile predilezione per “sea-sun-SEX”. Alzi la mano chi va o è andato a Gran Canaria perché considera le sue famose dune come una destinazione interessante dal punto di vista paesaggistico.
È comunque disfunzionale anche la linea operativa che partendo da un’offerta turistica a volte stravagante, passa attraverso chi dovrebbe convogliarla verso il consumatore finale (ma non ha né riceve una formazione adeguata) e dovrebbe arrivare (ma non è chiaro se ci riesce) verso qualche viaggiatore che appartiene alla nostra variegata comunità. Quanti di noi, infatti, possono essere interessati ad andare a Denver o nel Vermont, ed è possibile fidarsi di una catena di agenzie di viaggio che propone una meta come Cuba che, pur essendo una nazione che non ha più leggi ufficiali contro di noi, è quantomeno discutibile definirla come gay friendly?
È così difficile da capire o da accettare che esistiamo ma non siamo stupidi? Che anche se siamo considerati turisti capaci di spendere molto, e alla prova dei fatti è vero che una fascia di consumatori gay facoltosi esiste, omosessuale non fa rima con omogeneo? Oramai sono molte di più le persone gay di qualsiasi altra fascia di reddito e posizione sociale, visibili senza eccessivi problemi in molti ambiti delle loro vite (in primis famiglia e lavoro).
In sintesi ci sono persone glbt “socialmente integrate” che viaggiano e continueranno a evitare di utilizzare i servizi professionali proposti da un settore che non ha il coraggio di andare in fondo alle proprie scelte perché cocciutamente “perbenista”. Clienti arcobaleno che preferiscono organizzarsi gli spostamenti utilizzando internet, strumento che garantisce anonimato e informazioni aggiornate in tempo reale.
Le colpe non stanno però tutte solo dalla parte degli “eterosessuali che ci vogliono sfruttare”. Dalla storica guida Spartacus, anch’essa presente con un banchetto e in cerca di clienti, ci si aspetta che pubblichi indirizzi il più possibile corretti, e che verifichi se quello che anche da anni stampa per quanto riguarda il nostro paese (e il resto del pianeta) esiste ancora. La reazione scocciata del rappresentante quando gli sono stati fatti notare i numerosi errori non dà purtroppo adito a pensare che ciò accadrà nemmeno per la prossima edizione…
Eppure correggere il tiro è più semplice di quanto non si creda, basta guardare oltre l’orizzonte abituale e abbandonare i preconcetti. In fondo si tratta di offrire servizi e non diritti, per ottenere contratti e non rivendicazioni. La sfida è imparare a dialogare con un mercato di nicchia che ha caratteristiche ed esigenze proprie, e tendere all’uguaglianza dei clienti rispettandone le differenze.
Facendo come Dorothy nel Mago di Oz basta andare “over the rainbow”, perché si sa che alla fine dell’arcobaleno c’è una pentola piena di monete d’oro. Ma come tutte le cose bisogna conquistarla e meritarsela.