Ivan il terribile

Terzo romanzo di Alcide Pierantozzi (i precedenti sono Uno in diviso del 2006 e L’uomo e il suo amore del 2008), Ivan il terribile racconta con un linguaggio di grande efficacia il mondo difficile e sfuggente dell’adolescenza con i suoi drammi, i suoi confusi riferimenti culturali, i suoi grovigli di paure e di incertezze, di desideri e di aspirazioni, di verità assolute e di commoventi fragilità. A narrare questo mondo, dal profondo di una provincia italiana fatta di miserie familiari e di una cultura avvilente in cui si intrecciano le visioni apocalittiche dei Testimoni di Geova e il qualunquismo delle icone televisive più in voga, si alternano le voci narranti di due quindicenni, Sara e Federico.
Sara, bruttina e di modeste origini sociali, vive con la madre in una capanna della Forestale, dopo che il padre “si è venduto casa vecchia e se ne è andato a Cuba con una mignotta”. Studia e lavora in un maneggio, adora i cavalli e il suo sogno è andare a Roma a vedere l’ippodromo delle Capannelle, dove spera di portare a correre la sua cavalla. Testarda, capace di sopportare le umiliazioni più tremende, è innamorata, come tutti, di Ivan il terribile, ma sa elaborare le sue delusioni ed è capace di guardare in faccia il dolore. Sotto molti aspetti è il personaggio più forte del romanzo.
Federico, “capelli ricci arruffati col ciuffo ribelle, bocca carnosa da angioletto”, viene da un altro mondo e anche i suoi riferimenti culturali sono più raffinati. Vive in una specie di villa in una zona appartata del paese, dove è arrivato da poco dal nord. La madre è una pittrice e performer di fama internazionale, ma anche lui ha una storia familiare dolorosa e dei genitori che non si sopportano. A tratti scontroso e confuso, amante del cinema, finito non per sua scelta in questo paesino delle Marche, “ultimo mondo in cui un quindicenne si augurerebbe di vivere”, è consapevole di essere gay, ma anche se sa “che passare per finocchi non è più un grosso problema”, si guarda bene dal dirlo in modo esplicito in un luogo “dove ti linciano per molto meno”. Innamorato di Ivan, sopporta l’omofobia aggressiva del suo linguaggio e sperimenta con lui una sessualità violenta e tenera, perché anche Ivan, nonostante il suo bullismo e le sue manifestazioni da duro, è a suo modo tenero e dolce. E poco importa se, dopo aver fatto sesso con lui , Ivan lo apostrofa con qualche epiteto omofobo e non può fare a meno di dire “adesso l’unica cosa che vorrei è una bella ragazza”.
Se le voci narranti sono Sara e Federico, il protagonista del romanzo è appunto il terribile Ivan del titolo. Orfano di madre, vive con il padre che è su una sedia a rotelle e con un fratello maggiore di cui ha paura. Bello e impossibile, enigmatico, cinico e violento, crudele e infantile, incute paura e, a parte Federico e Sara, rivali e in parte complici, nessuno ha il coraggio di avvicinarlo. Per Federico è così bello che non riesce a sostenere “quei suoi occhi verde Shrek” e ogni volta che se lo trova davanti deve abbassare lo sguardo. E nemmeno Sara sa resistere al suo “sguardo verde Caraibi”. Ma chi è veramente Ivan? Quale verità indicibile si nasconde dietro quegli occhi luminosi e tristi? Perché è stato nel carcere minorile? “Dicevano che aveva piantato l’erba nel campetto dietro i cessi del maneggio e i carabinieri lo avevano scoperto. Io però non ci credevo”, asserisce Sara.
Solo l’ epilogo della storia, scioccante e imprevedibile, nel corso di un rocambolesco viaggio a Roma, metafora di una fuga impossibile da un mondo claustrofobico, svelerà tutta la fragilità che si nasconde dietro quello sguardo dolce e perforante, dietro quegli occhi che non sono occhi, ma, come dice qualcuno nel corso della narrazione, “sono un’istigazione a delinquere”. Aderendo con sorprendente mimetismo alla lingua parlata dagli adolescenti e al loro mondo, con una prosa veloce, nervosa e snella, per molti aspetti “americana’” Pierantozzi scrive un romanzo nuovo nella letteratura italiana, un romanzo inquietante e amaro, che sa dire, meglio di tante analisi sociologiche, la realtà soffocante della vita della nostra provincia e dei disagi emotivi dell’adolescenza.