Per prose e per versi

Escono in questi giorni due libri di Franco Buffoni, poeta, saggista, narratore, traduttore (professore universitario, prima di letteratura inglese e poi di letterature comparate, Buffoni è anche il fondatore di Testo a fronte, la più autorevole rivista italiana che si occupa di traduzione).
Il primo è un Oscar Mondadori che raccoglie il meglio della sua produzione in versi dagli anni Settanta a oggi, un libro importante, destinato a rimanere nel tempo, che consacra Buffoni come uno dei maggiori poeti del secondo dopoguerra (Franco Buffoni, Poesie. 1975-2012, Mondadori, Milano 2012, pp.360, euro 18,00).
Il secondo è un testo di narrativa, una biografia romanzata di George Gordon Byron che racconta finalmente la realtà gay nascosta dietro la leggenda dell’irresistibile seduttore di cuori femminili e dell’eroe della libertà che ha accompagnato la figura del grande poeta inglese (Il servo di Byron, Fazi Editore, Roma 2012, pp.158, euro 16,00).
Il narratore della vita di Byron è il servo-amante Fletcher che narra i reali amori del suo padrone.Dal biondo corista John Edleston morto nel 1811, al quale è dedicata “una delle più belle sequenze elegiache del romanticismo inglese, To Thirza”, al giovanissimo Nicolò Giraud, a proposito del quale il poeta scrive a un suo amico a Londra: “Oggi abbiamo coniugato per due ore prima in greco e poi in italiano il verbo baciare”. Poi c’è il patriota greco Lukas Chalandritsanos, l’ultima passione del poeta per il quale “dissipava le sue sostanze giocando al condottiero”. E poi le tante avventure maschili alla corte di Alì Pascià in Albania e gli amori non corrisposti per il poeta Percy Bysshe Shelley e per il patriota Pietro Gamba, uno dei capi della Carboneria italiana. Una vita, quella di Byron, in fuga da una patria che puniva i sodomiti con l’impiccagione preceduta dalla gogna e occultata dalla leggenda dello scandaloso amore con la sorellastra Augusta Leigh. “Sì, Byron ha avuto amori femminili”, spiega Buffoni, ha contratto anche un improbabile matrimonio durato solo pochi mesi, ma i suoi interessi reali, i suoi innamoramenti più coinvolgenti sono stati tutti maschili. La stessa relazione con la sorellastra, che appariva vergognosa e scandalosa, era in fondo alimentata dallo stesso Byron perché si prestava bene a nascondere verità omosessuali che all’epoca erano ancora più infamanti e che potevano portare alla gogna e alla condanna a morte. Attraverso la vita di Byron ho cercato di fotografare anche la società inglese della prima metà dell’Ottocento e la forma narrativa mi è parsa più efficace di un’opera saggistica”.
Percorso da un forte impegno civile e dalla necessità di riscrivere tanta storia della letteratura sommersa da cumuli di mistificazioni, il romanzo di Buffoni su Byron è incalzante e “militante” tanto che spesso alla voce narrante di Fletcher sembra sovrapporsi la voce di Buffoni e alla fiction narrativa l’impegno dello studioso e del critico.
Più complessa la rappresentazione dell’omosessualità nelle poesie, sempre presente nella produzione di Buffoni, ma in maniera diversa nel corso degli ultimi decenni. Il fatto è che Franco Buffoni è approdato alla narrativa negli ultimi anni e si tratta di una narrativa con una forte connotazione saggistica, che ha fatto della lotta per i diritti civili e per la liberazione dell’omosessualità dai tabù e dai pregiudizi la sua bandiera. Il suo primo libro di narrativa Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità (Sossella) è del 2006 e anche quelli che sono seguiti, Reperto 74 e altri racconti del 2008 (Zona), Zamel del 2009 (Marcos y Marcos) e Laico alfabeto gay in salsa piccante del 2010 (Transeuropa), si muovono in questa direzione.
Le prime poesie pubblicate risalgono invece alla fine degli anni Settanta, quando Buffoni non aveva ancora fatto un pubblico coming out. “Il coming out in famiglia e con gli amici lo avevo fatto”, dice, “ma ero ancora alle prese con i concorsi pubblici per la mia carriera universitaria e il mondo accademico era ancora pieno di pregiudizi su questo tema. La mia omosessualità era così spesso allusa, ma non dichiarata esplicitamente. La occultavo in giochi ironici alla Palazzeschi o all’Apollinaire. L’ironia era un po’ una maschera, un modo per difendermi, ma anche per mettere in ridicolo tanti luoghi comuni. Quando poi non ho avuto più problemi di concorsi, ho cominciato ad avere meno pudore e a dire molto più semplicemente le cose come stavano. Non avevo più bisogno di ricorrere all’ironia. Un prezzo l’ho pagato, ma ormai ero arrivato e potevo più liberamente parlare dei temi che mi stavano più a cuore”.
Questo libro di versi è così un affascinante percorso di maturazione poetica che dai giochi linguistici delle prime raccolte (Nell’acqua degli occhi, I tre desideri) approda successivamente (in particolare con Il profilo del Rosa del 2000, Theios del 2001, Guerra del 2005, Noi e loro del 2008, Roma del 2009 ) a uno scavo di grande respiro nella storia individuale e universale in cui si percepisce la rielaborazione personale di suggestioni da Leopardi, da Pound, da Pasolini, oltre che dai romantici inglesi.
“Con le ultime raccolte”, aggiunge, “la mia poesia è diventata sempre più diretta, in particolare sui temi a me più cari, l’omosessualità e l’ateismo, perché per me l’ateismo è una conquista intellettuale, una sorta di liberazione che permette anche di configurare l’omosessualità in un quadro più ampio di riferimenti culturali liberandola dalle pastoie del rapporto peccato-senso di colpa che ha caratterizzato tanta poesia italiana anche del Novecento, da Pasolini a Testori a Bellezza”.