La fine di Giò

Per una curiosa coincidenza cronologica, Giò Stajano è morta il 25 luglio, lo stesso giorno in cui nel 1943 cadde il fascismo in Italia. Lei qualcosa a che fare con il ventennio ce l’aveva, visto che suo nonno Achille Starace era un grande gerarca di Mussolini. Ma la sua lunga e avventurosa vita è stata quasi per intero una smentita di tale fulgida tradizione familiare.
Nato Gioacchino Stajano in quel di Sannicola di Lecce nel 1931, Giò nel ’52 si trasferisce a Roma e inizia una carriera di scrittore/scrittrice-giornalista-artista da subito caratterizzata dall’esposizione di sé e dalla provocazione. Giò è un omosessuale convinto e dichiarato, il primo a urlarlo ai quattro venti nel nostro paese, con immenso coraggio per l’epoca. Con questa particolare connotazione diventa una delle icone della dolce vita romana, adottando la moda esistenzialista dei pullover neri “a dolce vita”, sfoggiando collane, braccialetti e grandi occhialoni da sole come le dive del cinema e catalizzando sempre l’attenzione su di sé. Frequenta pittori e artisti (lui stesso dipinge), attori e nobiltà romana in decadenza, grandi star hollywoodiane che gravitano attorno a Cinecittà. Fra il ’59 e il ‘61 dà alle stampe ben tre libri che raccontano, senza mai nominarla, l’omosessualità e le trasgressioni della capitale. Il primo è Roma capovolta, dove “capovolta” sta per invertita, ed è pubblico scandalo: il libro viene sequestrato e mandato al rogo e Giò diventa il primo omosessuale italiano dichiarato, fotografato, chiacchierato. Seguono Meglio un uovo oggi e Le Signore sirene, anch’essi sequestrati e condannati al rogo. Ma Giò viveva di provocazioni e di iniziative controcorrente e nel ’62 prende in gestione un locale del centro storico, ribattezzandolo Sebastian club, e trasformandolo nel primo locale romano (e italiano) di tendenza esplicitamente omo. Ovviamente nel giro di pochi mesi il club viene chiuso dalle autorità. Di quell’esperienza restano alcune foto memorabili di Giò insieme a un amico, il duo Flon-Flon Sisters, che si esibivano nel locale travestite parodiando le gemelle Kessler…
Oggi sembra incredibile, ma addirittura i magistrati di Brescia del tristemente noto processo sui “balletti verdi” lo vollero come testimone in tribunale in qualità di esperto in materia di omosessualità! Nel ’69 inizia a collaborare con il settimanale porno Men e per 5 anni, fino al 1975 tiene una rubrica di lettere (Il salotto di Oscar Wilde), che diventa il primissimo riferimento per i cuori solitari gay dello Stivale, che scrivono spesso per raccontare il loro dolore, il loro isolamento, la disperazione di non avere una vita amorosa. In quegli anni ancora nessuno parlava pubblicamente di omosessualità, il movimento gay era appena nato e comunque coinvolgeva poche centinaia di gay emancipati, mentre la grande maggioranza degli uomini (e donne) del terzo sesso non aveva ancora iniziato il percorso dell’auto-accettazione.
Giò è stato un personaggio complesso e contradditorio e spesso ha utilizzato la sua notorietà e la sua sfacciataggine sia per colpire nemici personali (ex-amori) sia per rincorrere ulteriore notorietà e denaro, ad esempio accettando di farsi utilizzare come esca da chi voleva diffondere malignità su qualcuno mostrandolo “in confidenza con Stajano…”.
Era diventato un elemento destabilizzante. Dopo altri anni di vita zeppi di avventure e delusioni amorose, ma sempre in cerca di novità clamorose, nel 1981 si opera a Casablanca e diventa donna: Maria Gioacchina Stajano Starace. Certamente la notizia non passa inosservata e anche in questo caso Giò non perde l’occasione per trasformare l’evento in provocazioni e in un fiume di denaro: inizia a fare foto porno per le riviste e a girare film per la nuova industria a luci rosse, si prostituisce con annunci sui giornali più diffusi e dopo un decennio di fuoco dà alle stampe La mia vita scandalosa (’92).
A quel punto, forse avendo esaurito il repertorio delle novità, forse davvero stanca e un po’ amareggiata per qualcosa che non era andato come lei avrebbe desiderato, attraversa una crisi mistica, si chiude per tre mesi in un convento e quando ne esce decide di diventare una suora laica (senza rinunciare a interviste e foto nelle nuove vesti dimesse). Si rifugia nel paesino natale, un piccolo comune nell’entroterra salentino, e comincia una vita molto semplice e quasi in povertà, anche perché nel frattempo aveva dilapidato tutti i milioni e milioni di lire guadagnati e avuti in eredità dalla pur sempre agiata stirpe Stajano-Starace. La famiglia, che non le aveva mai perdonato i suoi “eccessi”, non le fa una buona accoglienza e Giò vive piuttosto isolata, frequentando pochi amici e la parrocchia. Ricomincia a dipingere, grandi quadri iper-naturalistici molto colorati e nel 2007 pubblica il suo ultimo libro Pubblici scandali e private virtù. Dalla Dolce Vita al convento, firmato insieme a Willy Vaira. Intanto la sua salute non l’aiuta e il suo stile di vita trasandato fa il resto. L’ultimo anno lo ha passato in una casa di riposo per anziani soli, ma ce la ricorderemo per sempre audace e splendida com’era un tempo.